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Porto di Tremestieri, nuove incognite. L’impresa chiede risposte sugli oltre 40 milioni che mancano all’appello

La Teodoro Bruno, ditta subentrata alla Coedmar, senza certezze sulla copertura finanziaria non riavvierà il cantiere

Neanche il tempo di esultare per il “cambio della guardia” nel cantiere fantasma del porto di Tremestieri, che è già tempo di sciogliere nuovi nodi sorti attorno a quella che, ad oggi, resta una potenziale grande incompiuta. In realtà i nodi sono nuovi fino a un certo punto: si parla di soldi e, in particolare, dei soldi che mancano all’appello per completare i lavori (fermi da più di un anno e mezzo, ormai), divenuti più di quanti ne servivano quando questo tortuoso percorso è iniziato.

La sintesi è che l’azienda che è subentrata poco più di una decina di giorni fa alla Nuova Coedmar, la Bruno Teodoro Spa di Torrenova, senza le dovute garanzie sulla totale copertura finanziaria dell’opera, in cantiere non porterà nemmeno un operaio. E quella totale copertura finanziaria, ad oggi, non c’è.

L’azienda della provincia – che nel proprio portfolio ha, tra gli altri, interventi al porto di Sant’Agata Militello e in quello di Termini Imerese – ha inviato due giorni fa una nota di tre pagine al sindaco Federico Basile, al dipartimento servizi tecnici del Comune, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e all’Autorità di sistema portuale, chiedendo a Palazzo Zanca «di attivarsi, per quanto di competenza, al fine di garantire che venga trasferito, in seno al ramo d’azienda, il contratto d’appalto del porto di Tremestieri, munito di integrale copertura finanziaria per come previsto nella transazione e nella procedura competitiva».

Al Ministero, invece, viene chiesto «se l’opera in questione risulta, allo stato, assistita di copertura finanziaria e per quale importo ed in particolare se la dotazione del maggiore importo contrattuale in applicazione della maggiorazione prezzi potrà o meno essere riconosciuta ed inserita nella dotazione finanziaria del contratto d’appalto». Richieste che, per inciso, anche il Comune ha fatto allo stesso ministero retto da Matteo Salvini. Quindi le ultime righe, che sono quelle che pesano di più: «Resta inteso che, in mancanza di copertura finanziaria, da documentare e certificare in sede di stipula del contratto definitivo di cessione ramo d’azienda, la sottoscritta non potrà assumersi gli impegni previsti nell’aggiudicazione e relativa offerta e dovrà tutelarsi nei modi termini di legge, con grave pregiudizio per il completamento dell’opera».
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