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Università di Messina, sarà una torrida corsa all’Ermellino. Da dove nasce la rottura

Sarà la campagna elettorale dei veleni, quella che presto entrerà nel vivo all’Università di Messina. Veleni che non necessariamente saranno sparsi dai diretti interessati, ovvero i candidati al rettorato. Che ci sia un clima di tensione, all’interno dell’Ateneo, è cosa conclamata da tempo. Almeno da tre anni, ma forse anche di più. E che quel clima di tensione sia alimentato dallo scontro aperto tra i gruppi che fanno riferimento all’ex rettore, Pietro Navarra, ed al suo successore (nonché teorico erede “d’area”), Salvatore Cuzzocrea, è un’altra certezza, narrata dalle cronache di questi anni.
La sensazione, però, è che l’asticella sia destinata ad alzarsi sempre di più, tra dossieraggi consegnati alla stampa, esposti dentro e fuori i confini messinesi, attacchi diretti e indiretti, tentativi più o meno spregiudicati di spezzare quello che oggi viene raccontato come un sostanziale equilibrio tra i due candidati ufficialmente in campo: Michele Limosani e Giovanna Spatari. Direttore del dipartimento di Economia e più vicino a Navarra il primo, docente di medicina del lavoro e prorettrice uscente della squadra di governo di Cuzzocrea la seconda.

I casi più recenti

Chi, in questi giorni, ha incrociato i due candidati tra i corridoi dell’Università ha avuto la sensazione che entrambi vogliano tenersi lontani dalle polemiche che serpeggiano, quando non finiscono direttamente sui giornali. Una sensazione che, a dirla tutta, può facilmente essere estesa a buona parte della comunità accademica, storicamente refrattaria ai riflettori mediatici che, invece, ultimamente vengono costantemente direzionati verso l’Ateneo peloritano, complici i recenti e durissimi affondi piovuti sul rettore Cuzzocrea (l’ultimo, in ordine di tempo, quello del senatore accademico Paolo Todaro sull’affaire rimborsi, con tanto di esposti alla Procura e all’Anac).
Non ha certo aiutato a rasserenare il clima quanto avvenuto questa estate. Prima lo stucchevole balletto delle plurime indizioni delle elezioni da parte dell’ormai ex decano Letterio Bonina, con relative porte in faccia chiuse dal direttore generale Francesco Bonanno e pure un’infruttuosa sortita al Tar. Poi le dimissioni da prorettore vicario di Giovanni Moschella («rapporto di fiducia incrinato»), non un componente qualunque della squadra di Salvatore Cuzzocrea, ma l’inseparabile “numero due” di questi anni di rettorato, il primo ad essere ringraziato pubblicamente da Cuzzocrea il giorno della sua elezione, in quel marzo 2018 che, oggi, sembra appartenere ad un’altra era geologica. Quel Moschella che, inizialmente, avrebbe dovuto essere l’erede designato dell’ex rettore Navarra, salvo poi, appunto, dover fare un passo indietro di fronte alla discesa in campo di Cuzzocrea.

Tutto comincia così

Una narrazione di ciò che sta accadendo e di ciò che accadrà nei prossimi mesi all’Università sarebbe monca, del resto, senza una ricostruzione di quanto avvenuto dal giorno dell’elezione di Cuzzocrea in poi. Il giorno a cui risalgono, di fatto, gli ultimi attestati di stima reciproca tra il rettore ed il suo predecessore. Per Navarra, Cuzzocrea era «una figura che, in modo altamente qualificato, ricomprende in se tutte quegli attributi che un professore universitario deve possedere». Per Cuzzocrea, la sua elezione era da ritenere «un atto di apprezzamento del metodo di Pietro Navarra, della sua gestione e di quello che tutti noi abbiamo fatto con lui». Fine. Da lì in poi la frattura. Prima silente, fatta di mosse e contromosse di facile lettura solo per chi conosce le dinamiche interne all’Università (ad esempio, le guide dei vari dipartimenti). Poi alla luce del sole e senza esclusione di colpi.

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