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Messina: la "mappa del degrado" e la chance del Risanamento

Nello studio redatto dal prof. Josè Gambino si evidenzia la necessità di colmare quella «distanza anni luce» tra il centro urbano e le aree baraccate e zone di frangia

C’è un dato interessante che viene evidenziato nel nuovo studio che il prof. Josè Gambino, docente dell’Università peloritana, ha dedicato al Risanamento: Messina è la città italiana dove è più evidente la contrapposizione tra il centro urbano e le periferie degradate. Non che le altre 14 Città metropolitane d’Italia non abbiano i loro “Bronx”, molto più vasti e con problemi ben più gravi rispetto a quelli vissuti in riva allo Stretto, ma in percentuale, proprio sul piano estestico-urbanistico, oltre che sociale, a Messina finora è sempre esistita questa enorme “discrasia”, come se ci fossero distanze anni luce «tra un centro urbano, in fondo, molto piccolo» e quelle zone di frangia, dove per decenni e decenni l’immagina simbolo è stata quella delle baracche o delle casette ultrapopolari.

Ora che i riflettori si sono riaccesi, dopo che il commissario per il Risanamento Marcello Scurria ha detto con chiarezza che la linea d’azione, per l’attuazione della legge speciale, è quella del “mai più ghetti a Messina”, il lavoro del prof. Gambino può essere utile e prezioso per ampliare il ragionamento, in vista dei futuri interventi di riqualificazione, anzi di rigenerazione urbana, previsti sulle macerie delle vecchie “favelas”.

«Messina – afferma Gambino –, per poter risorgere dalla crisi e dalla desertificazione, per il futuro prossimo non ha bisogno di un adeguamento urbano, ma di una vera rivoluzione, che va attuata promuovendo tutta una serie di interventi ispirati dal modello di sviluppo sostenibile in grado di modificare il significato e le funzioni di quelle aree del tessuto urbano che hanno comportato finora grandi lacerazioni».

La legge speciale ha messo un punto fermo, dopo che per un secolo la nostra città è stata sempre additata come «modello negativo su scala nazionale ed europea, per la presenza di zone periferiche soggette alle più gravi forme di degrado urbanistico e sociale, caratterizzandosi con le più ampie estensioni di baraccopoli, sia per quanto riguarda il numero di abitanti interessati sia per l’ampiezza delle superfici coinvolte».

Un punto di svolta, dunque, con lo stanziamento di risorse importanti (non sufficienti, però, a raggiungere l’obiettivo di “zero baracche a Messina”) ma che obbliga adesso tutti i soggetti coinvolti in questa grande sfida «a realizzare interventi di alta qualità, tenendo presente l’inderogabile necessità di trasformare Messina da città pluriperiferica a città multicentrica».

Un’occasione irripetibile, la definisce Gambino, quella di «un Risanamento da attuare come Rinascimento». Bisogna assicurare «case dignitose» alle famiglie che hanno vissuto in baracca ma, soprattutto, «resta la grande questione di trasformare le aree storicamente segnate dalla “grande bruttezza” in aree segnate dalla “grande bellezza”». Dalla Messina “periferopoli” alla Messina “eco-metropoli”. Un salto di qualità non indifferente. Il docente universitario ha redatto uno studio di quasi 200 pagine, dove si delinea un “Piano d’azione” per restituire centralità a tutte le cosiddette “aree baraccate”. Vuole essere uno strumento di riflessione e di approfondimento, anche da parte del commissario straordinario e del Comune di Messina.

Da docente di Geografia, Gambino ha ritratto il territorio peloritano con una serie di colorazioni, dove appare gigantesca la parte definita “area dell’esclusione”, con le quattro tipologie di tessuto urbano “scollegato” completamente dal centro: «1) Le aree periferiche urbane, in gran parte sottoposte a varie forme di degrado. 2) I villaggi collinari, isolati. 3) Le aree agricole, in gran parte abbandonate. 4) Le aree naturali marginali, poste nelle “alte terre”». Un quadro che, visto dall’alto alla fine di questa estate dei roghi, appare ancora più desolante, perché solo a volo d’uccello, o con i droni, si può toccare con mano l’effetto della devastazione provocata dai criminali incendi che hanno incenerito quasi tutti i versanti collinari, da nord a sud.

E in questa “mappa del degrado”, c’è una piccola striscia gialla, nella quale ricade il centro urbano con la fascia costiera e subcostiera tra il torrente Portalegni e l’Annunziata. Insomma, un “microcentro urbano”, che riporta Messina quasi alle dimensioni “medievali”, nonostante l’ampiezza della superficie comunale che si estende da Giampilieri fino a Ortoliuzzo.

Il Risanamento, con la filosofia “scurriana” del «mai più ghetti socio-abitativi», in questa analisi del prof. Gambino, può diventare, dunque, un banco di prova cruciale per ridisegnare il profilo urbano della Messina «eco-metropoli». La stessa città che dovrà recuperare, nei prossimi anni, l’intero suo waterfront, partendo dalla Zona falcata, e che dovrà misurarsi con l’altra sfida, affascinante o tremenda (secondo i punti di vista), quella legata al Ponte sullo Stretto.

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