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Policlinico di Messina: tra disagi e lavori incompiuti il grande lavoro dei medici di "trincea"

I sanitari sono sempre di meno perché in tanti, a parità di stipendio, scelgono strade più comode

Collocato da qualche anno al Padiglione C, il Pronto soccorso dell’azienda universitaria Policlinico “Gaetano Martino” si trova a dover fare fronte alle emergenze di sempre ma con tanti disagi in più. I lavori di ampliamento ed adeguamento del Pronto soccorso generale non si sono ancora conclusi, erano stati inseriti tra quelli voluti in piena emergenza Covid, i tempi rapidi previsti non ci sono stati. Si continua ad aspettare per una delle opere cruciali per il Policlinico, per gli utenti e per tutto il territorio, sperando che finalmente sia la volta buona.
A questo si aggiungono le criticità legate alla mancanza di medici, di posti letto e ai tempi di attesa, problemi comuni ad altri Pronto soccorso sia a livello locale che nazionale. «Gli aspetti rilevanti sono due – spiega il commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi –; il primo è l’accesso, è un problema culturale, al Pronto soccorso si va per problemi di emergenza urgenza non per sopperire alle carenze del sistema sanitario. L’altro è la difficoltà a reperire medici di pronto soccorso: a parità di stipendio, la tensione per i medici è molto più alta, quindi chi può scegliere va in un reparto a fare altro. Occorre lavorare, anche a livello nazionale, per renderlo attrattivo anche a livello di remunerazione».
Il commissario Bonaccorsi conosce le difficoltà del personale del Policlinico: «Non ringrazierò mai abbastanza i medici, gli infermieri e tutti quelli che lavorano qui, saranno anche pochi, ma grazie alla loro capacità professionale e impegno riusciamo ad affrontare le emergenze».
«Per reperire le risorse umane abbiamo fatto l’impossibile ma le risposte sono state poche, solo con un grande sacrificio dei medici del Pronto soccorso e l’aiuto della direzione generale siamo riusciti a reperire alcuni colleghi di altre unità operative che ci hanno dato una mano», dice Giovanni Di Maio, vicario dell’Unità operativa di Pronto soccorso generale, uno dei medici in prima linea del Policlinico. Con lui ci sono la dottoressa Elena Barbaro e il coordinatore infermieristico Giovanni Crupi che, assieme ad altri medici ed infermieri, ogni giorno si occupano dei numerosi pazienti che arrivano sia dalla città che dalla provincia.
Al Pronto soccorso in questi mesi si sono verificate le emergenze tipiche dell’estate: «Abbiamo avuto un maggiore accesso di pazienti con colpi di calore, soprattutto dalla provincia ma non è cambiato niente nel nostro lavoro». Il dottore Di Maio non dà una ricetta specifica per curare i mali atavici dei Pronto soccorso: «Non dovrei essere io a dare questa risposta ma la politica».
Incentivare i medici ad andare a lavorare ai Pronto soccorso è anche l’auspicio della professoressa Eloisa Gitto, direttrice del Dipartimento “Emergenze tempo dipendenti”: «All’interno di questa azienda si sono fatti concorsi, le selezioni, si è cercato di ottimizzare le risorse ma bisogna incentivare i medici dando una maggiore gratificazione in termini di sbocco professionale, scientifico e di tutela. Questo è un hub di secondo livello, per l’emergenza urgenza e per tutte quelle discipline tempo dipendenti come il trauma, l’emorragia digestiva, lo stroke, l’infarto del miocardio, è veramente un posto prezioso perché rappresenta il punto di snodo per tutti quei percorsi che salvano la vita, quindi questa attività deve essere incentivata e occorre trovare un modo per invogliare i giovani medici ad amare la disciplina che salva la vita».
Intorno alle 10,30 del mattino il Pronto soccorso del Policlinico brulica di pazienti, alcuni in osservazione o in attesa dei risultati degli esami, altri distesi nel letto o con una flebo legata al braccio. La carenza di personale e i disagi di una struttura temporanea diventano fonte della frustrazione e del malumore delle persone in attesa del referto o di notizie dei loro parenti. «Sono qui dalle 7,30 e ancora non ho notizie», dice una signora che punta il dito contro la carenza di personale e le lungaggini. «Non è colpa dei medici – le fa eco un’altra signora – ma se un solo dottore prende in carico più pazienti è tutto più difficile». Assieme ad altre persone anche lei attende notizie, tutti si affollano davanti alla porta, sono all’esterno, nel parcheggio di fronte al padiglione C. Poco distante c’è anche un uomo di 40 anni appena arrivato. Racconta che ha accusato un problema alla vista, non sapendo a chi rivolgersi ha preferito il Pronto soccorso: «Ho fiducia nei dottori, spero di risolvere presto».

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