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I tedeschi urlavano: "Italiani morire". Ottant’anni fa, la storia della strage di Orto Liuzzo

Il racconto che fece decenni dopo Salvo Graziano, l’unico carabiniere sopravvissuto, è drammatico.

Il 14 agosto del 1943 cinque carabinieri e un civile vennero trucidati da alcuni soldati tedeschi scoperti a rubare in una casa. Un sesto carabiniere, Salvo Graziano, si salvò perché i tedeschi lo credettero morto. Teatro della vicenda contrada Chiusa di Orto Liuzzo, dove i militari e il civile vennero fucilati senza pietà dai soldati della Wermacht in ritirata. Nei prossimi giorni l’eccidio verrà ricordato, grazie all’Anpi, nel corso di una solenne cerimonia.
Quel giorno sei carabinieri del distaccamento di Tarantonio vennero inviati dal comandante della stazione di Castanea, a cui appartenevano, a sorvegliare in borghese i ponti sulla strada per Villafranca, dal momento che i tedeschi in ritirata volevano farli crollare per rallentare l’avanzata degli Alleati verso Messina.
Nei pressi di Ponte Gallo i militari italiani vennero avvicinati da alcune persone che li informarono che a Orto Liuzzo, distante qualche chilometro, nella villa di Matteo D’Agostino, c’erano dei tedeschi che volevano razziare gli oggetti dell’interno della casa e che qualcuno da dentro stava cercando di impedirlo a colpi di fucile.
I carabinieri tornarono indietro e quando arrivarono nei pressi della villa entrarono in contatto con i tedeschi. Nel parapiglia che seguì i soldati della Wermacht ebbero la meglio e fecero prigionieri non solo i sei carabinieri, ma anche Stefano Giacobbe, nipote del D’Agostino, che difendeva la casa. Il racconto che ne fece decenni dopo Salvo Graziano, l’unico carabiniere sopravvissuto, è drammatico.
I tedeschi urlavano “Italiani morire” e li trascinarono qualche decina di metri lontano dalla casa e li fucilarono. Graziano fu doppiamente fortunato, perché il primo colpo trapassò la giacca ferendolo in maniera lieve, così come venne solo sfiorato alla testa dal colpo di grazia.
A cadere sotto i colpi dei mitragliatori l’appuntato Antonino Rizzo, 42 anni, i carabinieri Tindaro Ricco, 43, Antonino Caccetta, 42, Nicola Pino, 33, e Antonino Da Campo, 29, e il civile Stefano Giacobbe, 40. Graziano dopo essersi ripreso e atteso che i tedeschi andassero via avvertì il comandante della stazione di Castanea, il maresciallo Francesco Tranchina, che a sua volta avvertì la Tenenza di Messina e poi se ne tornò a casa.
Graziano tornò un paio di giorni dopo sul luogo dell’eccidio per seppellire i colleghi e il Giacobbe; il padrone del campo, Giuseppe Mundo, piantò due alberi di fico per ricordare il punto preciso in cui si trovavano le sepolture.
Si tratta di un episodio poco noto della nostra storia recente, che si somma ad altri eccidi compiuti dai tedeschi nel corso della ritirata dalla Sicilia tra il 10 e il 17 agosto 1943 e che come quello di Orto Liuzzo sono stati scoperti solo di recente. A Castiglione di Sicilia, ad esempio, il 12 agosto, vennero uccise 16 persone mentre a Sant’Alessio Siculo, il 14, vennero fucilati il parroco, don Antonio Musumeci e due coniugi. E a sparare, spesso, non erano i nazisti, ma i soldati della Wermacht.
Episodi sui quali non è mai stata fatta luce e sui quali non si è mai indagato veramente, pur avendo, come nel caso della strage di Orto Liuzzo la dichiarazione del superstite Salvo Graziano, il cui racconto è contenuto nel verbale del 24 aprile del 1946 stilato dai carabinieri della stazione di Patti e trasmessa a tutti i comandi territoriali dell’Arma.

Anzi, per dirla tutta, questi e altri episodi che videro i nazisti e i fascisti protagonisti di vari crimini finirono dimenticati in un armadio blindato della Procura generale militare di Roma, scoperto solo nel 1994 durante le indagini seguite al caso Priebke, il criminale nazista condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine del 1944. In quello che è passato alla storia come “l’armadio della vergogna” vennero trovati ben 695 fascicoli di misfatti compiuti dai nazisti e dai fascisti e sui quali non è stato possibile fare giustizia.
Due anni dopo la Procura generale militare inviò alla Procura militare di Palermo il fascicolo della strage di Chiusa, ma essendo nel frattempo morti tutti i testimoni, il 24 luglio 2006 il caso venne archiviato. Un vero peccato perché nel caso dell’eccidio di Orto Liuzzo le varie fasi della strage erano state raccontate con dovizia di particolari dal carabiniere Graziano.
Venne formata anche una Commissione parlamentare nei primi anni del Duemila che però, essendo morti tutti i testimoni dei fatti, non poté fare altro che pronunciare solo un giudizio storico-politico a monito per le future generazioni. Ed è giusto che adesso, a distanza di 70 anni da quella tragica data, la città ricordi le vittime del barbaro eccidio.

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