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Messina, partita finita dopo il sì della Corte dei Conti: ora ne inizia un’altra

Palazzo Zanca

Ha superato una tappa fondamentale lungo il percorso del risanamento economico-finanziario del Comune di Messina. Ma Federico Basile, nel momento in cui la Corte dei Conti ha detto sì al Piano di riequilibrio, pur se non lo ha dichiarato ufficialmente, sente di aver vinto anche una battaglia strettamente personale.

Il “gol” di Basile

In un’intervista rilasciata alla Gazzetta, Basile, nel ribadire la propria fiducia su un esito positivo dell’ultradecennale vicenda del “dissesto sì dissesto no”, aveva confessato pure una sorta di timore: «Spero di saper spiegare, davanti al collegio dei giudici contabili, quello che è stato fatto in questi anni per salvare il Comune». Il via libera arrivato da Palermo è anche un riconoscimento al fatto che ha saputo svolgere un ruolo politico, e non solo tecnico (da revisore, poi presidente del collegio, poi consulente di Cateno De Luca). Il ruolo politico di un sindaco che, in poco più di un anno di mandato, è riuscito nell’intento di veder chiusa una partita che era rimasta sempre aperta, e dal risultato avvolto nella più assoluta incertezza, dal 2012 a oggi. Basile ha avuto il vantaggio di raccogliere i frutti dell’eredità lasciatagli da De Luca, ma i tempi “supplementari”, quelli decisivi, svoltisi davanti a un arbitro inflessibile, quale la magistratura contabile di Palermo, è stato lui a giocarli in prima persona. E di questo bisogna dargli atto.

Il “default”... politico

Da fatto tecnico a caso politico che ha “condizionato” le sorti di Palazzo Zanca in questo decennio. L’ombra del “default” ha gravato sul Municipio di una delle 14 Città metropolitane d’Italia senza che si potesse allontanare o dissolvere. «Il dissesto, se c’è, c’è, va dichiarato, non discusso...», dicevano in molti, negli anni scorsi. E sul fatto se dichiarare o meno il fallimento, si sono consumati alcuni degli scontri politici più violenti mai registratisi nel Palazzo comunale. Basterebbe rileggere le cronache degli ultimi dieci anni. Renato Accorinti e la sua Giunta ne sanno qualcosa. Proprio sul “default” ci fu lo strappo, durissimo, che lasciò scorie velenose, tra il sindaco “free Tibet” e “no Ponte” e quella parte della Sinistra messinese che aveva puntato su di lui «per cambiare la città dal basso», come gli ex consiglieri comunali Luigi Sturniolo e Nina Lo Presti.

La “meteora” Eller Vainicher

Scontro altrettanto duro – e vicenda che, per molti aspetti, è rimasta sempre oscura – fu quello registratosi all’interno della stessa Amministrazione Accorinti, prima con l’arrivo del “deus ex machina” Luca Eller Vainicher, il “renziano” catapultato dalla Toscana e rimasto per un anno assessore al Bilancio, sotto la guida del sindaco pacifista. Ma Eller e Accorinti non si lasciarono con ramoscelli d’ulivo, tutt’altro. Ricordiamo solo alcuni passaggi, che segnarono quel periodo storico ormai già lontano che, però, fa parte integrante del tormentato cammino del Piano di riequilibrio.

«Per il 50% siamo falliti, per l’altro 50% no», furono le prime dichiarazioni di Luca Eller Vainicher, che parlò di «conti in rosso», prendendo atto che «alcuni servizi vanno già verso la chiusura» e che «all’orizzonte si staglia sempre più l’ombra del default, il fallimento tecnico dell’Ente». Poi, Eller Vainicher disse che c’erano le possibilità per salvare Palazzo Zanca: «Noi mandiamo un Comune in dissesto sebbene i soldi in cassa li abbia. Un paradosso. Un dissesto autoprodotto, da masochisti pazzeschi. Come chi muore di fame perché non vuole prendere il cibo dal frigo... Il dissesto, come ha detto la Corte dei Conti, è oggettivamente irreversibile. Ma è soggettivamente reversibile, aggiungo io. Se riusciamo ad approvare i bilanci, alla luce anche di tante positività che controbilanciano le passività del passato, possiamo scoprire che forse il dissesto in termini di autenticità non c’è».

Quando si consumò la frattura, l’ormai ex assessore al Bilancio – che si dimise ufficialmente perché Accorinti aveva attaccato Renzi durante la trasmissione radiofonica “La Zanzara” – scrisse una durissima lettera aperta, che non ebbe mai una risposta: «Renato, proprio un anno fa, in questi giorni di aprile, mi nominasti assessore. Accettai, pur in contrasto con la forte linea del Pd messinese e di varie forze politiche. Dissi di sì per favorire discontinuità positiva. Per motivi umanitari. Per carità cristiana. Tu e la tua Amministrazione eravate distrutti: senza bilanci, senza cassa, senza programmi, senza orologio, senza guida... Un caos pazzesco. Tu e la tua Giunta, con chi vi sosteneva, stavate suicidando la città. Era un vostro dissesto, colpevolmente autoprodotto e non di altri o di “quelli di prima”. Messina “fuori dai giochi” regionali e nazionali. Marginalizzata e sbeffeggiata. Un "de profundis" con vostra gravissima responsabilità politica. Un marchio a fuoco, indelebile per tutta la vita. Da vergognarsi per sempre, dopo tutte le speranze suscitate...».

Il Basile revisore dei conti

In quegli anni, Federico Basile era revisore dei conti, dato che non va mai dimenticato. E ci fu un momento in cui, proprio Basile insieme con Zingales (l’altro revisore), scrissero, nella loro relazione, un capitolo dove si evidenziavano «significativi scostamenti, segnatamente al fronte delle Entrate, rispetto alle previsioni della seconda annualità del Piano di riequilibrio pluriennale». E quel mancato rispetto delle previsioni inserite dall'Ente nel Piano di riequilibrio pluriennale «costituisce grave criticità», così come «i nuovi debiti fuori bilancio, che ammontano a 33.684.882,86 euro». L’organo di revisione, concludevano gli allora revisori dei conti, «in considerazione delle osservazioni evidenziate con particolare riguardo agli scostamenti con il Piano di riequilibrio pluriennale e dei rilievi della Corte dei Conti, in ragione della imminente rimodulazione dello stesso e stante il perdurare delle rilevanti criticità oggetto dei costanti moniti e rilievi, invita l'Ente, in tutte le sue componenti ed ognuno per le proprie competenze, a farsi parte diligente affinché si valutino in maniera risolutiva le eventuali azioni da porre in essere al fine di salvaguardare i precari equilibri economico-finanziari dell'Ente».

Il “ciclone Cateno”

Furono anni difficilissimi quelli tra il 2015 e il 2018, tra la prima, seconda e terza rimoduzione del Piano anti-default. Poi, arrivò il “ciclone Cateno”, con De Luca che disse di aver trovato sulla scrivania un’ipotesi di Riequilibrio «totalmente farlocca», e con l’ex Giunta accorintiana a rispondergli per le rime, minacciando querele per le accuse e gli insulti subiti durante le interminabili dirette “social”. Ci furono, nell’ordine, il “salva Messina” e il nuovo Piano di riequilibrio, poi il rimpallo tra Roma e Palermo, tra la Commissione ministeriale e la Corte dei Conti, tra punte di grande ottimismo, e vere e proprie “docce gelate”. A un certo punto, alla luce delle criticità rilevate dalla magistratura contabile, sembravano ridotte al lumicino le speranze di veder approvato quel Piano, nonostante la nuova rimodulazione fatta da De Luca (e dal suo consulente Basile) proprio “in extremis”, a pochi giorni della conclusione del proprio mandato, conclusosi, come è noto, con un anno di anticipo, per effetto delle dimissioni del sindaco. Era il febbraio 2022.

La fine. E un nuovo inizio

Nel luglio, Basile, eletto da solo un mese, portò in Consiglio la sesta rimodulazione del Piano, che venne votata favorevolmente. E da quel momento, si è entrati nella fase decisiva, quei famosi tempi supplementari che si sono conclusi ufficialmente con la deliberazione dell’1 agosto da parte della Corte dei Conti: «Sì al Piano di riequilibrio». Fine di un “incubo” ma adesso quel Piano va attuato, perché davvero Messina e il suo Comune possano mettersi alle spalle definitivamente quella fastidiosa ombra scura dal nome inglese “default”, che, in linguaggio informatico, significa solo «difetto, assenza, mancanza», ma sul piano economico-finanziario, si traduce in «insolvenza», in «fallimento». Quello che avrebbe costituito un’onta, non solo per Palazzo Zanca, ma per l’intera città.

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