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Caro don Ciotti, qual è il regalo alle mafie con il ponte sullo Stretto?

Caro don Ciotti, abbiamo capito il suo ragionamento, la riflessione più ampia che sta dietro a quella frase, peraltro non sua, del “Ponte che unirà non solo due coste, ma due cosche”. È giusto alzare la voce, invitare alla vigilanza e all’attenzione, perché mafia e ‘ndrangheta non sono state debellate, sono bubboni che infestano l’intero territorio nazionale.

Detto questo, però, l’aver fatto il copia e incolla della famigerata dichiarazione dell’ex politico Nichi Vendola, è quanto di più banale si potesse dire. E sa perché è offensivo nei confronti di siciliani e calabresi? Non certo per la ragione addotta da molti, e cioè che queste sono le terre più belle del mondo e che le mele marce sono poche e non si può, a causa loro, attentare all’onorabilità e all’immagine di Sicilia e Calabria?

Sappiamo benissimo che le mele marce non sono poche, che gli interessi mafiosi e le pressioni criminali sono fortissimi, che lo Stato ha vinto ha molte battaglie ma la guerra continua, e guai se si abbassa la guardia. Ma quella frase dovrebbe valere per tutta l’Italia, da Capo Pachino alle montagne del Renon sopra Bolzano, perché gli affari e le infiltrazioni sulle opere pubbliche, e sugli investimenti privati, riguardano tutte le regioni del Belpaese.

Non ce n’è una dove non siano venuti a galla ampi fenomeni di criminalità organizzata e corruzione, basta pensare alle innumerevoli inchieste sui “business” camorristi e ‘ndranghetisti in Lombardia, Val d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna. E allora, caro don Ciotti, dovrebbe dire che la Tav unisce tanti gruppi criminali. Dovrebbe dire che le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina sono un bel piatto dove si possono riciclare montagne di denaro sporco.

Dovrebbe dire che tutti i porti italiani (da Genova a Gioia Tauro) sono centrali di smistamento di enormi traffici di droga.

Perché il Ponte soltanto? Perché vedere solo il marcio e non i significati più autentici di un’opera che può e deve unire non due cosche (quelle non aspettano il collegamento stabile per fare affari in comune) ma le bellezze delle due sponde di uno stesso mare, e anche le miserie, che vanno trasformate in ricchezza, in equità territoriale, in pari opportunità? Perché affermare in partenza che lo Stato deve rinunciare per manifesta incapacità a realizzare opere nel profondo Sud? Non è proprio questa una resa alle mafie? Caro don Ciotti, il sottosviluppo è stato il regalo più bello a Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, non il Ponte sullo Stretto.

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