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A Mongiuffi Melia ritrovati i resti dei serbatoi dell’acquedotto romano

Ad ufficializzare la scoperta Giovanni Curcuruto e Catena Lo Turco. Chiesto aiuto a Comune e volontari per accelerarne il recupero

Potrebbero essere stati scoperti, a Mongiuffi Melia, i serbatoi dell’acquedotto romano. Giovanni Curcuruto e Catena Lo Turco, appassionati di storia, ritengono infatti di averli individuati durante un’escursione.
Curcuruto racconta alla “Gazzetta del Sud” di avere sentito parlare per la prima volta dell’opera circa sessant’anni fa. Si trovava assieme a padre Leonardo Trischitta e ad altri cinque o sei studenti quando un uomo, che aveva un orto in quella zona, disse di avere notato una casa sottoterra. Il gruppo, incuriosito, si recò sui luoghi e cominciò a scavare, facendo emergere alcuni resti. In seguito, però, si sono perse le tracce, perché la terra e la vegetazione hanno di nuovo coperto tutto.
Questo fino al 2006, quando Curcuruto e altre due persone si avventurarono lungo il fiume: «All’inizio ci siamo confusi, abbiamo sbagliato lato. Poi abbiamo visto i mattoni. Dopo avere tolto i rovi e il materiale che lo ricopriva, è uscito fuori il ponte». Mancavano le opere di captazione, di cui Curcuruto racconta di avere saputo in un modo piuttosto curioso. Dice di essere stato avvicinato, nel 2008 a Roccafiorita, da un anziano che si presentò solo come Carmelo, affermando di abitare nelle campagne di Forza d’Agrò e di avere letto i suoi libri. Fissarono un successivo appuntamento nei pressi dal santuario della Madonna della Catena, per esplorare il torrente Ghiodaro. L’uomo gli raccontò che i greci avrebbero costruito in quella zona due vasche comunicanti, una delle quali molto grande, per raccogliere le acque delle diverse sorgive. Gli indicò il punto, ma si vedeva solo una montagna di rovi. Accennò a due iscrizioni, incise su altrettante grandi pietre: una in greco, molta lunga e con diversi nomi, e l’altra in latino. I serbatoi, anche se deteriorati, sarebbero rimasti visibili fino al 1905, quando ci fu un’alluvione, che probabilmente li spostò: in ogni caso la piena trasformò l’area, facendoli scomparire.

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