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Il Ponte sullo Stretto di Messina? «Non sarà un’opera devastante»

Dati del progetto alla mano, l’esperto di infrastrutture Roberto Di Maria smentisce le “bufale” sul presunto disastro ambientale a Messina

La “Metropolitana dello Stretto” è tra le opere connesse al Ponte

«Il Ponte di Salvini». Così lo ha definito, sprezzantemente, la segretaria nazionale del Partito democratico, Elly Schlein, bollandolo come progetto «anacronistico e dannoso». Il “Ponte di Salvini”, come se il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, che ha alle spalle un dibattito secolare, fosse il “capriccio” di un ministro leghista, per di più “nopontista” pentito, visto che dieci anni fa l’attuale vicepremier stroncava l’ipotesi del Ponte sullo Stretto.
La giovane Schlein ignora che fu un europarlamentare comunista, il messinese Pancrazio De Pasquale, a battersi, esattamente 40 anni fa, perché l’Europa inserisse tra le priorità strategiche il Ponte di Messina, visto come simbolo di sviluppo, come fonte di occupazione, come lotta alle diseguaglianze geografiche, come principio di continuità territoriale, tutte “battaglie” condotte avanti dalla Sinistra di un tempo.
Nel confronto in corso sulla più grande infrastruttura mai concepita in Italia, uno dei timori più diffusi è quello riguardante la devastazione ambientale che riguarderebbe principalmente la città di Messina. E a queste paure risponde l’ing. Roberto Di Maria, amministratore di “Sicilia in Progress” e tra i massimi esperti siciliani in materia di Trasporti (è ricercatore all’Università di Catania).
«Un fantasma si aggira per le strade di Messina. È quello dello sventramento e della devastazione della città. Uno spettro di prim’ordine, agitato da chi teme (e magari ci crede pure) che la realizzazione del Ponte sullo Stretto devasterà la città. Chi legge si chiederà: ma come fa un’opera situata 10 km a nord del centro della città a devastarla? Si può fare: almeno così sostengono i nopontisti. Ma non si tratta della devastazione dovuta a “centinaia di camion l’ora” che attraverserebbero la città durante la realizzazione dell’opera. Un allarme lanciato all’indomani della decisione governativa di riaprire i cantieri. Poi, almeno parzialmente, rientrato quando, carte alla mano, è stato spiegato ai nopontisti che la destinazione delle terre da scavo sarà il riempimento delle cave e il ripascimento delle coste, da eseguire in luoghi ben lontani dal centro città.

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