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Mafia, il neo pentito barcellonese Micale: «I Bontempo Scavo da sempre sulle truffe»

Ecco le dichiarazioni del neo pentito barcellonese Micale depositate dalla Dda per l’appello del maxiprocesso Nebrodi. «I Bontempo Scavo da sempre sulle truffe». «I formali intestatari dei terreni a volte nemmeno sapevano di esserlo»

31 ottobre 2022 - Il giorno della sentenza del maxiprocesso Nebrodi a Patti

«Di truffe in agricoltura i Bontempo Scavo se ne occupano da sempre, fino ad oggi». All’indomani della chiusura dei termini per depositare gli atti d’appello in vista del secondo grado di giudizio del maxiprocesso Nebrodi, sulle truffe in agricoltura dei clan mafiosi tortoriciani, il fatto nuovo è indubbiamente uno: i verbali del neo pentito barcellonese Salvatore Micale “Calcaterra” raccolti alcuni mesi addietro dai magistrati della Dda di Messina e inseriti nell’atto d’appello del maxiprocesso per due direttrici ben precise, con la richiesta di riapertura del dibattimento in appello.

Da un lato i pm vogliono fornire un ulteriore passaggio sul quadro generale dei pesi e contrappesi della mafia tortoriciana, attualmente divisa tra la cosca dei Batanesi e i “superstiti” del gruppo dei Bontempo Scavo, compreso l’affare milionario ultradecennale delle truffe in agricoltura, e dall’altro per contestare l’assoluzione del gruppo Faranda dall’accusa di associazione mafiosa da parte dei giudici del tribunale di Patti, con il riconoscimento a loro carico dell’associazione a delinquere semplice.

Ecco cosa dice per esempio Micale nell’interrogatorio del 26 maggio scorso: «... so chi sono i Faranda e che appartengono ai Bontempo Scavo, ma non ho rapporti. Me ne ha parlato Marino Gambazza Roberto, sia dell’Aurelio che di Faranda Antonino. Nell’ambiente criminale ho sempre saputo della loro vicinanza a Bontempo Scavo, in particolare di Antonino e dei fratelli. Prima che ne parlasse Roberto Manno Gambazza, già sapevo della vicinanza dei Faranda ai Bontempo Scavo, ma non ricordo chi me ne parlò. So che la vicinanza era di natura criminale e che si occupavano di animali e di agricoltura. Marino Gambazza me ne parla in carcere a Tempio Pausania, quattro o cinque mesi fa, poiché era uscito un articolo relativo al coinvolgimento dei Faranda nell’operazione Nebrodi. Mi disse che erano vicini a loro, che erano a suo dire dei referenti, ma senza esaltare il ruolo. In pratica, erano messi là perché mancavano dei profili più importanti dei Bontempo Scavo in quel periodo... so che i vertici della famiglia Bontempo Scavo erano Cesare, Vincenzo e Sebastiano, poi c’erano anche i Mignacca (Vincenzo e Calogero) e Nino Carcione».

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