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Incentivi al Cas di Messina, è abuso non peculato: così scatta la prescrizione

Erano coinvolti inizialmente dirigenti, funzionari e dipendenti, imputati nel procedimento per peculato e falso. Di quest’ultima accusa rispondevano solo alcuni dirigenti, i dipendenti furono tutti prosciolti già in udienza preliminare.

Non era peculato, ma abuso d’ufficio. Quindi è tutto “divorato” dalla prescrizione. Eccola la sentenza d’appello per quel che restava sul piatto del maxiprocedimento “Tekno 3”, ovvero sulla terza tranche dell’operazione “Tekno” della Dia nel 2017 sugli incentivi progettuali “gonfiati” al Consorzio autostrade siciliane tra il 2012 e il 2013.
Erano coinvolti inizialmente dirigenti, funzionari e dipendenti, imputati nel procedimento per peculato e falso. Di quest’ultima accusa rispondevano solo alcuni dirigenti, i dipendenti furono tutti prosciolti già in udienza preliminare.
In primo grado, nel gennaio del 2022, la sentenza fu diversa. I giudici furono d’accordo con la tipologia di reato contestata dall’accusa, il peculato. E per questo condannarono soltanto i vertici del Cas, ritenuti responsabili dal punto di vista decisionale e delle scelte di personale per ogni singolo progetto da portare avanti lungo le due autostrade, A18 e A20. Ma tutti gli altri, tra figure di raccordo e dipendenti, erano solo dei “meri esecutori” che non partecipavano alla fase iniziale dei piani di rifacimento da sviluppare. Quindi furono assolti ben 52 dipendenti tra varie figure professionali.
Furono condannati soltanto i dirigenti - all’epoca dei fatti - del Cas, Gaspare Sceusa (6 anni e 5 giorni di reclusione), Letterio Frisone (4 anni, 4 mesi e 5 giorni) e il funzionario Carmelo Cigno (5 anni e 25 giorni). Per loro i giudici ritennero sussistente l’accusa iniziale di peculato, mentre i vari casi di falso furono dichiarati prescritti. I tre funzionari sono stati assistiti in questa lunga vicenda processuale dagli avvocati Valter Militi, Giuseppe Pustorino e Francesca Bilardo.
Lo scenario è cambiato ancora ieri mattina, a conclusione del processo di secondo grado davanti alla prima sezione penale della corte d’appello presieduta dal giudice Alfredo Sicuro. Questo perché in appello i giudici hanno qualificato il reato non più come peculato ma come abuso d’ufficio, probabilmente sul presupposto che i funzionari non avevano la “disponibilità giuridica” della somma. E una volta mutato il reato è cambiato anche il tempo di “scadenza” per perseguirlo, fatto che ha portato alla dichiarazione di prescrizione e alla “Cancellazione” delle tre condanne inflitte in primo grado. I giudici hanno poi, di conseguenza, revocato la confisca disposta in primo grado e le statuizioni civili in favore della parte civile, il Consorzio autostrade. Con la dicitura “conferma nel resto” hanno poi esplicitato la conferma delle 52 assoluzioni del primo grado.

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