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Zona falcata di Messina, la bonifica è una questione politica

Ci vogliono scelte politiche strategiche: si segua il modello del Porto antico di Genova

Almeno c’è un dato concreto. Come pubblicato dal nostro giornale, ci vogliono venti milioni di euro e oltre due anni di lavoro per attuare una parte (la prima, che, comunque, è la più importante) del piano di bonifiche riguardanti la Zona falcata.
Un dato che è emerso, dopo lunghi mesi di studi e di approfondimenti, dal progetto di fattibilità tecnico-economica commissionato alla “Hp3 Engineering” dall’Autorità di sistema portuale dello Stretto, che si avvale della sinergia con la società statale Sogesid Spa, in virtù della convenzione firmata nel 2021. Quei fondi serviranno a finanziare gli interventi di rimozione delle fonti primarie e secondarie di inquinamento dei terreni della Falce. Sottolineiamo quanto dichiarato dal presidente dell’Authority Mario Mega nell’articolo a firma di Domenico Bertè: «L’obiettivo è quello di eliminare tutto ciò che produce inquinamento e poi verificare nuovamente i livelli di contaminazione del terreno. Sono state trovate circa 40.000 tonnellate di materiale che deve essere smaltito, 25.000 sono terra e rocce un terzo delle quali è ritenuto pericoloso; 15.000 tonnellate sono di rifiuti misti, in gran parte però non pericolosi».
Subito dopo questa fase, dunque, si andrà a vedere se la rimozione delle fonti primarie dell’inquinamento avrà avuto davvero effetto e allora a quel punto si potrà ragionare sui progetti futuri di rigenerazione urbana e valorizzazione della Zona falcata, tenendo conto che, nel frattempo, va avanti la progettazione del restauro del monumento simbolo, la Real Cittadella, da parte della Soprintendenza ai beni culturali.

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