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Messina, tamponi alterati: la direttrice del laboratorio ammette le ipotesi dei falsi

Gli altri tre indagati respingono le accuse

Rimane confermato per tutti e quattro l’obbligo di firma. Tutti e quattro hanno risposto. Tre hanno respinto gli addebiti, una ha «ammesso le falsificazioni». È questo il quadro dopo gli interrogatori di garanzia per l’inchiesta sui falsi green pass che si sono tenuti ieri mattina nell’ufficio del gip Tiziana Leanza. Hanno sfilato l’indagato principale, l’ex medico Giovanni Cocivera, e gli altri coinvolti, ovvero Giuseppe Cozzo, Francesca Arena ed Emanuela Villari, tutti e tre legati a vari livelli allo studio diagnostico “Santa Lucia s.n.c.”.

Tutti e quattro rispondono di associazione a delinquere perché “... davano vita ad un’organizzazione criminale dedita ad attestare falsamente la negatività al Covid-19 dei pazienti indicati, al fine di fare loro ottenere il green pass”.
Per tutti e quattro ieri mattina al termine degli interrogatori il gip Leanza ha confermato la misura cautelare dell’obbligo di firma dal lunedì al sabato. I quattro nel corso dei “faccia a faccia” sono stati assistiti dagli avvocati Nicola Giacobbe, Giuseppe Romeo, Filippo Di Blasi, Alessandro Mirabile e Piera Russo.

Cocivera a quanto pare ha intanto spiegato che è pendente un suo ricorso al Consiglio nazionale dell’ordine dei medici contro la radiazione del 2020 legata all’inchiesta sugli aborti clandestini; poi ha respinto le accuse ed avrebbe affermato di aver agito correttamente. Ha respinto le accuse anche il titolare del laboratorio d’analisi, Cozzo, così come ha fatto anche la collaboratrice Villari, che avrebbe spiegato d’aver lavorato amichevolmente solo da casa su richiesta del Cozzo per il grande afflusso di casi da trattare, limitandosi solo all’inserimento di dati al computer. Discorso diverso invece per la Arena, la direttrice dello studio diagnostico, che davanti al gip rispetto al quadro generale delle accuse ha ammesso solo le ipotesi di falso.

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