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Omicidio di Lorena Quaranta: ergastolo verso annullamento? La famiglia: "Sconcertati"

«Ho letto l’atto d’appello e l’ho comunicato ai familiari che sono sconcertati» per un dolore e una ferita che si riaprono. Così ad AGI l’avvocato Giuseppe Barba, parte civile nel processo per il femminicidio di Lorena Quaranta, uccisa il 31 marzo 2020 in una villetta di Furci Sicuolo (Messina), sul rischio di annullamento della condanna all’ergastolo per Antonio De Pace, all’epoca fidanzato della vittima, perché uno dei giurati che componeva la Corte d’Assise, nel corso del processo ha compiuto 65 anni che è l’età massima per comporre il collegio come previsto dalla legge.

A sollevare il caso è stato l’avvocato Salvatore Silvestro, uno dei difensori di De Pace, che nei motivi di appello alla sentenza del luglio scorso, ha evidenziato la questione.
Sempre a Messina, per la medesima ragione, è stata annullata a dicembre la condanna a carico di un uomo che non aveva rivelato all’ex compagna, poi morta di Aids, di essere sieropositivo. «Interpretiamo la norma che prevede il requisito dei 65 anni - afferma il legale di parte civile - come giudizio di ammissibilità allorquando viene sottoscritto il verbale di giuramento e di conferimento di incarico di giudice popolare. Ci sono orientamenti che sono stati oggetto di allegazione da parte del difensore dell’imputato che hanno avuto seguito con una recente sentenza della Corte d’Assise d’appello, ma ogni processo ha una sua storia e un suo epilogo. Siamo fiduciosi nel fatto che si utilizzi l’interpretazione giurisprudenziale che ritiene l’ammissibilità al momento della sottoscrizione del giuramento e non già nel momento in cui il processo venga definito».
Dice ancora ad AGI l’avvocato Barba: «Prediamo atto con la speranza che si formi un indirizzo giurisprudenziale diverso e più garantista che guardi non soltanto alla difesa tecnica dell’imputato, che è sacrosanta, ma anche all’interesse dei congiunti della vittima che si vedono costretti a subire un ulteriore processo».

Il centro antiviolenza: "grave stop del sistema giustizia"

«Se l’eccezione dovesse essere accolta sarebbe un grave stop del sistema giustizia che avrà ripercussione sulle persone offese, penso in particolare alla sofferenza della famiglia che ha subito la perdita della propria figlia e che ha dovuto assistere alla celebrazione di un procedimento per femminicidio». Così ad AGI l’avvocata Maria Gianquinto presidente del centro antiviolenza Cedav, che si era costituita parte civile nel processo per il femminicidio di Lorena Quaranta, sul rischio che la sentenza possa essere annullata così come chiesto dalla difesa dell’imputato che ha ravvisato un vizio di forma: un giurato aveva compiuto 65 anni nel corso del processo. «Penso - prosegue - alla sofferenza provata da familiari ogni volta che tornavano nell’aula di giustizia e che dopo una sentenza, frutto di un approfondito percorso istruttorio, rischiano nuovamente essere sottoposti a tutto questo anche se l’eccezione, se accolta, non entra nel merito della valutazione della responsabilità dell’imputato. Restiamo sempre vicini alla famiglia con il nostro ruolo di centro donna antiviolenza».

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