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Messina, la droga tra Gazzi e Mangialupi: il gup decide 171 anni di carcere

La maxi operazione della Procura e della Squadra Mobile denominata “Acquarius”. I due gruppi Mazza e Ubertalli smerciavano ogni tipo di stupefacente

Quasi duecento anni di carcere, sono esattamente 171. Sono queste le sedici condanne decise nel tardo pomeriggio di ieri a conclusione dell’udienza preliminare dal gup Monica Marino, per i giudizi abbreviati dell’operazione antidroga “Acquarius”, realizzata nel marzo scorso della polizia sul gruppo Mazza-Ubertalli, nei rioni di Mangialupi e Gazzi. Si tratta di sedici pene molto dure che vanno dai 3 anni e 4 mesi fino ai 20 anni di carcere per i capi promotori, Lucio e Daniele Mazza, mentre per Lorenzo Ubertalli sono stati decisi 18 anni. Ci sono poi da registrare quattro patteggiamenti della pena, che si aggirano intorno a un anno di reclusione. All’udienza scorsa si erano invece registrate le richieste dell'accusa, da parte del sostituto della Dda Francesco Massara e del collega della Procura Roberto Conte, e sostanzialmente la sentenza ricalca quelle richieste. Poi erano iniziate le numerose arringhe difensive. Ieri pomeriggio il gup Marino ha letto in aula la sentenza.

Le condanne

Ecco il dettaglio delle pene decise dal gup Marino: Lucio Mazza, 20 anni; Daniele Mazza, 20 anni; Rosario Mazza, 11 anni e 4 mesi; Aurora Aliotta, 9 anni e 4 mesi; Antonino Mazza, 13 anni e 4 mesi (in “continuazione” con una precedente condanna a un anno e 4 mesi); Davide Bonanno, 10 anni e 8 mesi; Lorenzo Ubertalli, 18 anni; Rosa Gugliotti, 9 anni e 4 mesi; Maria Tindara Ubertalli, 10 anni; Massimo Russo, 13 anni e 4 mesi; Fabiana Russo, 10 anni; i calabresi Francesco Giorgi, 3 anni e 4 mesi; Gianluca Minnella, 3 anni e 4 mesi; Massimiliano Primerano, 3 anni e 4 mesi; ed ancora Antonino Corritore, 8 anni; Demetrio Lombardo, 8 anni. Diversi imputati hanno registrato anche alcune assoluzioni parziali.

I patteggiamenti

C’era poi un altro troncone del processo, che riguardava altri quattro imputati per i quali a suo tempo i due pm avevano chiesto invece il giudizio immediato: Massimiliano Merlino, Vincenzo La Foresta, Angelo Immormino (classe ’95), Daniele Giannetto. In questo caso tutti e quattro avevano optato per il patteggiamento della pena, che ieri è stato ratificato dal gup Marino: La Foresta un anno e 4 mesi; Immormino un anno, un mese e 10 giorni; Giannetto un anno e 4 mesi; Merlino un anno e 10 mesi.

Le richieste dell’accusa

All’udienza del 7 ottobre si erano registrate le richieste di pena da parte del sostituto della Dda Francesco Massara e del collega della Procura Roberto Conte. Ecco le richieste di condanna dei pm: Lucio Mazza, 20 anni; Daniele Mazza, 20 anni; Rosario Mazza, 14 anni; Aurora Aliotta, 14 anni; Antonino Mazza, 14 anni; Davide Bonanno, 12 anni; Lorenzo Ubertalli, 20 anni; Rosa Gugliotti, 12 anni; Maria Tindara Ubertalli, 10 anni; Massimo Russo, 14 anni; Fabiana Russo, 9 anni e 4 mesi; i calabresi Francesco Giorgi, 6 anni; Gianluca Minnella, 4 anni e 4 mesi; Massimiliano Primerano, 4 anni e 4 mesi; ed ancora Antonino Corritore, 12 anni; Demetrio Lombardo, 14 anni.

Gli avvocati

Parecchio numeroso il collegio difensivo che è stato impegnato nel corso dell’udienza preliminare, composto dagli avvocati Carolina e Salvatore Stroscio, Cinzia Panebianco, Tino Celi, Salvatore Silvestro, Filippo Massimo Marchese, Giuseppe Donato, Pietro Venuti, Antonio Femia, Tommaso Autru Ryolo, Piermassimo Marrapodi, Domenico Leone, Eugenio Minniti, Daniela Garufi, Carmelo Portale, Giuseppe Bonavita, Carlo Autru Ryolo e Giuseppe Giacoppo.

L’indagine

A marzo scorso le attività condotte dalla Squadra mobile e coordinate dalla Dda, consentirono di far luce su un vasto gruppo criminale in grado di rifornire in modo continuativo i consumatori dei rioni Gazzi e Mangialupi. Le indagini partirono dalle alcune rivelazioni di pentiti che, sul finire del 2018, avevano fornito generiche indicazioni su una centrale di spaccio attiva a Gazzi. Le successive indagini e intercettazioni misero in luce l’esistenza di due cellule criminali: una più ristretta, attiva in Calabria e impegnata nel rifornire l’altra, più articolata e capillare, che immetteva sul mercato dell’area metropolitana di Messina rilevanti partite di cocaina. L’organizzazione messinese era composta da più di dieci persone appartenenti a due nuclei familiari fra loro legati, Mazza e Ubertalli, cui facevano poi riferimento numerosi altri impegnati nello spaccio al dettaglio nei quartieri di Gazzi e Mangialupi. La sostanza veniva nascosta in luoghi esterni alle abitazioni: tombini, canalette di scolo, autovetture abbandonate, anfratti dei muri; le donne fungevano spesso da vedette a tutela degli addetti alle cessioni, legati tra loro da vincoli di parentela, che si alternavano secondo un consolidato modello organizzativo. L’attività di spaccio non conosceva pause; gli acquirenti si avvicinavano ai pusher a ogni ora del giorno e della notte, tanto da poter documentare, nell’arco dei cinque mesi di sorveglianza, più di tremila cessioni per un giro d’affari quantificato in 50 mila euro mensili. La continuità dei rifornimenti era assicurata da alcuni calabresi, che gestivano i contatti con i vertici del gruppo dei messinesi.
Tutto ebbe inizio dalle “confidenze” di alcuni collaboratori che tre anni fa parlarono di una centrale di spaccio attiva nel rione “Gazzi”. Al vertice del gruppo, secondo l’accusa, i fratelli Lucio e Daniele Mazza con Lorenzo Ubertalli. Fra gli indagati anche due reggini a testimoniare lo stretto legame in affari fra il nuovo gruppo di Mangialupi e i “fornitori” calabresi. A gestire il fiorente traffico di stupefacenti, e in particolare cocaina, era la nuova generazione, quella dei trentenni, che aveva preso piede dopo il declino forzato delle famiglie Aspri e Trovato. Molte le donne coinvolte in un’attività che si concentrava nel dedalo di stradine del rione di Mangialupi, a pochi passi da scuole, da una chiesa, e dal Policlinico.

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