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Ponte sullo Stretto, torna il pressing su Roma

Il tema del collegamento stabile rilanciato dal presidente della Regione siciliana Nello Musumeci

«Non si pensi che sia innamorato di un Ponte che possa evocare quello di Brooklyn. Non è possibile che ci vogliano un’ora e 20 minuti per percorrere poco più di tre chilometri. Non sta né in cielo né in terra. Quel collegamento non è un capriccio, ma c’è l’esigenza di completare un Corridoio transeuropeo». È il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, a riaprire un capitolo che torna alla ribalta, a intermittenza, come fosse l’allarme di un’auto che suona quando la sfiori. O di baracche o di Ponte, sembra essere questo il destino di Messina, quando si parla di Lei, a livello nazionale. Ma se non si parla o non si scrive dell’unica opera, anzi dell’unico sistema infrastrutturale che potrebbe cambiare le sorti di un intero territorio, non solo si fa un danno a se stessi. Ma si assiste impotenti a oscure manovre, come quella che ha portato il Governo nazionale a spendere altri 50 milioni di euro per un nuovo studio di fattibilità, commissionato alla società di progettazione della potentissima holding delle Ferrovie dello Stato. La stessa società, la Ferrotel, che alla fine degli anni Novanta e all’inizio del Duemila, aveva stilato i progetti di tutte le opere ferroviarie connesse e collegate all’unico progetto esistente, quello a campata unica, e che ora è stata incaricata di studiare, per l’ennesima volta, la fattibilità del Ponte a più campate (escluso, nei decenni scorsi, per le problematicità connesse alla necessità di prevedere le pile nei fondali del mare, proprio lì dove lo Stretto è attraversato dalle sue pericolosissime faglie sismiche).

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