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I disordini al corteo del G7 di Taormina, in 40 a giudizio - ECCO I NOMI

Chiusa l’udienza preliminare dopo l’inchiesta che ha portato all’individuazione dei responsabili. Si tratta di antagonisti provenienti da tutta Italia, accusati di aver cercato di forzare il blocco

Mentre il 27 maggio del 2017 i capi di stato discutevano al G7 di Taormina, e poi decisero di non decidere, quello stesso pomeriggio sul lungomare Tysandros a Giardini Naxos andò in scena il corteo dei “No G7”, molto variopinto e tranquillo per la verità, erano in quasi tremila tra bandiere, cartelli e slogan, sbarcati a contestare da tutti Italia e anche dall’estero.
Tutto accadde quasi alla fine, in coda, intorno alle sei del pomeriggio, quando si stava già smobilitando un gruppo dei più “duri” entrò in contatto con il primo cordone di poliziotti in versione antisommossa e come sempre accade in un attimo si scatenò un piccolo inferno con l’immancabile lancio di lacrimogeni e il “fuggi fuggi” generale. Il bilancio fu soltanto di qualche ferito lieve, più che altro di intossicati dai fumi, nulla più.

E a distanza di ben cinque anni da quel corteo, dopo la conclusione degli accertamenti e delle identificazioni, le indagini e l’inchiesta, ieri mattina s’è tenuta l’udienza preliminare davanti al gup di Messina, Monia De Francesco. Che ha disposto 40 rinvii a giudizio tra gli di attivisti e antagonisti provenienti da tutta Italia che manifestarono durante una delle giornate del vertice. Il processo inizierà a Messina l’11 gennaio del 2022. Le tipologie di reato contestate, a vario titolo, sono di resistenza a pubblico ufficiale e d’inosservanza e violazione delle prescrizioni disposte dal questore di Messina, che all’epoca era Giuseppe Cucchiara, oggi un alto dirigente della polizia. In particolare - è questa la contestazione principale dell’accusa -, il corteo si sarebbe dovuto fermare a piazza Municipio mentre proseguì fino allo sbarramento predisposto dalle forze dell’ordine. Ad assistere gli antagonisti ieri mattina sono stati gli avvocati Carmelo Picciotto, Giorgio Bisagna, Marina Prosperi e Vincenzo Catastimeni.

Ecco i nomi dei rinviati a giudizio: Alessandro Angelucci, Francesco Balestra, Serafino Biondo, il 77enne Santi Bonfiglio, storico esponente del Pci a Messina, Marco Bonomi, Rita Terraza Bruguera, Fabio Calogero Busterna, Margherita Calderazzi, Cesare Cerulli, Marco Giovanni Codraro, Davide Cortese, Daniele De Simone, Andrea Esposito, Silvia Fabra, Salvatore Genovese, Marco Guerrieri, Sebastiano Lamera, Annalisa Laudicella, Nadia Lo Iacono, Francesco Lomagistro, Raffaella Lo Perfido, Carlo Mancuso, Giorgio Martinico, Fiorella Masci, Maria Sole Verdiana Mineo, Maria Occhione, Marco Orestano, Adele Maria Simona Paladino, Ernesto Palatrasio, Martino Pintus, Vittorio Pitrelli, Enrico Semprini, Emiliano Spera, Giuliana Spera, Luigi Spera, Maria Emmanuele Surdi, Giorgio Tavella, Filippo Tessitore, Pierluigi Vattimo e Andrea Zappia.

Tra quanti dovranno comparire davanti al giudice il prossimo 22 gennaio ci sono anche due volti simbolo degli “antagonisti”, e si tratta di Ernesto Palatrasio, 74 anni, e Margherita Calderazzi, 71 anni, entrambi di Taranto. Quest’ultima nel 2018 è finita ai domiciliari per un mese, in seguito alle proteste con il movimento dei “Disoccupati organizzati”, protagonisti di un picchetto permanente nei pressi della sede del Comune di Taranto.

Nel corso dell’indagine sul corteo dei “No G7” di Giardini Naxos, gli investigatori hanno ricostruito attraverso le immagini la cosiddetta punta avanzata della protesta, che s’è diretta verso la zona rossa «... arrivando a contatto con il contingente delle forze dell’ordine che avevano formato un cordone di sbarramento e contro il quale esercitavano pressione e spinte, si opponevano ai militari in uniforme che erano costretti ad effettuare interventi di dissuasione ed alleggerimento con lanci di lacrimogeni»
Tre manifestanti, inoltre, secondo la Procura «... partecipavano al corteo con il volto coperto rendendo in tal modo difficoltoso il loro riconoscimento», ma alla fine sono stati ugualmente individuati.

Nella lunga lista dei partecipanti al corteo finiti sotto inchiesta figurano anche manifestanti residenti a Bergamo, Brescia, Pisa, del Pugliese e del Napoletano, oltre che un gruppo di Palermo, e una ragazza spagnola. Alcuni di loro, nel 2015, furono sottoposti alla misura dell’obbligo di firma su disposizione dei pubblici ministeri palermitani, in questo caso del procuratore aggiunto Leonardo Agueci, e dei sostituiti Emanuele Ravaglioli e Gery Ferrara. Una parte, inoltre, fu coinvolta nelle indagini sugli scontri al bar Aluia, dell’aprile 2016, tra tifosi, in occasione della partita di campionato Palermo-Lazio e nell’aggressione del febbraio 2018 al leader palermitano di Forza Nuova.

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