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Messina, operazione "Provinciale": Salvatore Sparacio alla guida di un clan autonomo

Per il Tribunale del riesame era al vertice di un sodalizio composto da Alibrandi e Scavuzzo

Salvatore Sparacio

L’operazione antimafia “Provinciale” consegna un nuovo spaccato della geografia criminale cittadina. A certificarlo, adesso, è il Tribunale del riesame di Messina, che ha accolto il ricorso della Dda, secondo cui Salvatore Sparacio, 45 anni, nipote “d’arte” dello storico boss Luigi, divenuto poi collaboratore di giustizi, sarebbe a capo di una autonoma associazione composta altresì da Mario Alibrandi, 47 anni, e Antonino Scavuzzo, 37 anni. Ciò a differenza di quanto sostenuto dal gip Maria Militello nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari, contro la quale si era appellato l’Ufficio inquirente retto dal procuratore Maurizio De Lucia.
Nello specifico, il presidente del collegio Maria Giuseppina Scolaro, nel motivare le esigenze cautelari, scrive che «questo Tribunale reputa che il ruolo di vertice ascritto a Sparacio, i precedenti penali specifici a suo carico, le pendenze documentate dall’accusa per reati in materia di estorsione e per la partecipazione ad un’associazione criminale finalizzata all’attività di gioco e scommessa clandestina e, infine, le condotte oggetto dei reati a lui contestati nel presente procedimento siano tutti indici che non consentano di vincere la presunzione di pericolosità e adeguatezza posta dall’art. 275 del Codice di procedura penale». Quanto al ruolo di Scavuzzo e Alibrandi, il «contributo prestato» al sodalizio è stato «talmente variegato da qualificare in termini particolarmente gravi la pericolosità sociale dei due prevenuti». A orientare il verdetto del Riesame «la disponibilità manifestata a influenzare le libere competizioni elettorali, nonché ad inquinare il mercato, tramite le intestazioni fittizie». Da qui la conferma della misura di massimo rigore nei confronti dei tre indagati, difesi dagli avvocati Salvatore Silvestro, Antonello Scordo e Alessandro Trovato.

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