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Messina non è una città per bimbi

Tante le cause del calo di nascite e la pandemia non ha fatto altro che aggravare tendenze già in atto

Nel 2020 in tutto il Paese, le nascite – poco più di 400mila – hanno raggiunto il minimo storico dall’Unità d’Italia e, secondo le proiezioni del primo semestre di quest’anno, nel 2021 il bilancio sarà ancora peggiore. Un vero e proprio crollo che nell’ultimo decennio ha coinvolto tutta la Penisola. E la città dello Stretto non fa eccezione, nonostante il calo dell’ultimo anno non sia stato eccessivo. Al Policlinico di Messina l’anno scorso sono nati 1269 bambini; nel 2019 i nuovi nati erano stati 1317 e nel 2018 1410. La pandemia certamente ha contribuito a scoraggiare molte coppie ma, come sottolinea il responsabile dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico prof. Rosario D’Anna, «la riduzione progressiva delle nuove nascite va avanti ormai da dieci anni. I motivi alla base della crisi demografica sono diversi, in primis l’aumento dell’età in cui le coppie si accingono a creare una famiglia anche a causa della precarietà lavorativa. Per le donne, in particolare, l’età migliore per procreare sarebbe dai 20 ai 25 anni o dai 25 ai 30. Ma sono sempre di più le donne che provano a diventare mamme dopo i 35 anni, quando c’è una riduzione importante della fertilità e un aumento di rischio aborto». All’ospedale Papardo nel 2020 ci sono stati 682 parti, qualcuno in più rispetto al 2019 quando erano stati 673 ma meno nel 2018 quando erano stati 690. Oscillazioni minime, come evidenzia il direttore dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia Sebastiano Caudullo: «Dobbiamo tener conto del fatto che tratta di dati in cui rientrano anche i parti delle mamme immigrate sull’isola. Si tratta comunque di numeri che si inseriscono nell’ambito della crisi che va avanti da diversi anni in Italia, anche a prescindere dal Covid».

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