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Coronavirus a Messina, gennaio nero. Terapie intensive piene. C'è il "caso Papardo"

L'ospedale Papardo di Messina

Gennaio è sempre più il mese nero dell’emergenza Covid a Messina. Lo dicono i numeri, che hanno più forza dei “colori” decisi da questa o quella istituzione: 116 vittime tra il capoluogo e la provincia da quando è iniziato il 2021; terapie intensive costantemente sull’orlo dei più terribili dei “sold-out” e che troppo spesso diventano un approdo senza uscita; il totale dei positivi che, seppur in lieve flessione, a Messina città supera ancora abbondantemente quota 3 mila.

Messina numeri preoccupanti

Altissima a Messina la percentuale di ricoveri rispetto alla media siciliana: nell’Isola, infatti, nella settimana tra il 20 e il 26 gennaio, i posti letto Covid occupati sono il 34% del totale per quanto riguarda l’area medica, del 28% per le terapie intensive, in entrambi casi sotto la soglia stabilita dal Ministero (40% e 30%). A Messina il dato è dell’85% per l’area medica (fermandoci agli ospedali maggiori), dell’80% per le terapie intensive.

Il “caso” Papardo

E a proposito di terapie intensive, preoccupa un altro dato, in particolare proveniente dal Papardo: secondo quanto riferisce una fonte, stando a dati aggiornati a mercoledì, su 47 pazienti arrivati in terapia intensiva, non ce l’hanno fatta in 43. Tutti intubati. I quattro che invece ce l’hanno fatta non avevano avuto bisogno di essere intubati e sono stati trasferiti poco dopo l’ingresso in terapia intensiva. Un dato molto più alto del 40-50% nazionale di mortalità nelle terapie intensive Covid. Il primario di Rianimazione del Papardo, Tanino Sutera, sostiene che le percentuali siano altre: «Abbiamo pazienti intubati stabili, quattro sono stati dimessi nei giorni scorsi. Non posso dare percentuali, ma direi che al momento 7 su 10, purtroppo, non ce la fanno. Ma posso dire che stiamo facendo tutto quello che è possibile in base alle attuali conoscenze scientifiche. Prediligiamo il trattamento a bassa intensità, con ventilazione non invasiva. Tutto quello che faccio in questa terapia intensiva è frutto di confronti e scambi di idee con colleghi di tutta Italia – continua Sutera –. Grazie a questo conforto scientifico sono riuscito a stabilizzare una forma di terapia che è tornata utile, perché altrimenti quel 30-35% di sopravvissuti non sarebbe possibile".
E sempre al Papardo sembra che ci sia un’altra situazione da tenere sotto controllo: almeno sei pazienti sono stati trasferiti da Cardiologia a Malattie infettive perché l’insorgere di un mini-focolaio. Emergenze su emergenze.

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