Vent'anni di carcere a testa. La sentenza è la stessa richiesta di pena dell'accusa. Questo per tutte le atrocità commesse in Libia e durante l'ennesimo viaggio della speranza per approdare in Italia. È stata questa la decisione del gup Tiziana Leanza nel pomeriggio di ieri, a conclusione dell'udienza preliminare con il rito abbreviato, per i tre aguzzini che venero arrestati nell'agosto dello scorso anno a Messina dalla polizia dopo indagini congiunte tra Palermo e Messina. Analoga richiesta di pena aveva pronunciato il 14 maggio scorso il sostituto della Dda Antonella Fradà.
Si tratta di Mohammed Condè, detto Suarez, originario della Guinea, 27 anni, Hameda Ahmed, egiziano, 26 anni e Mahmoud Ashuia, egiziano, 24 anni. Erano accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla violenza sessuale, alla tortura, all'omicidio e al sequestro di persona a scopo di estorsione. Erano difesi dagli avvocati Maria Lembo, Rosetta Carcione e Anna Aversa. Lo scenario svelato da questo processo è agghiacciante. I profughi imbarcati furono torturati e picchiati, con compagni di prigionia visti morire al loro fianco. Un viaggio all'inferno per centinaia di migranti libici, trattenuti in un campo di prigionia prima di partire per l'Italia. La vicenda fu legata allo sbarco di 59 migranti avvenuto a Lampedusa il 5 e 7 luglio del 2019 a bordo dell'imbarcazione a vela “Alex & Co.” operante per l'Ong “Mediterranea Saving Humans” che, prima, aveva effettuato il salvataggio dei migranti in zona libica.
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