Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

“L’ho uccisa perché mi aveva contagiato il Coronavirus”, ma il tampone lo smentisce

Erano follemente innamorati: lei di una bellezza disarmante, lui attraente e accattivante. Ma la follia ieri ha giocato un brutto scherzo. E lui l'ha uccisa perché “l'accusava” assurdamente di avergli trasmesso il coronavirus. Almeno così ha detto in stato confusionale durante l'interrogatorio. Lorena Quaranta, 27 anni, originaria di Favara nell'Agrigentino, appassionata e brillante studentessa all'ultimo anno di Medicina all'Università di Messina, impegnata nel sociale, è morta assassinata da Antonio De Pace, anche lui 27enne, calabrese, originario di Dasà in provincia di Vibo Valentia, infermiere e studente di Odontoiatria all'ateneo peloritano.

L'ha uccisa ferendola con un coltello e strangolandola poco prima delle 4 di notte in una palazzina alla periferia nord di Furci Siculo, al civico 12 di via Delle Mimose, dove convivevano dalla scorsa estate. Un appartamento che si è trasformato in teatro dell'ennesimo femminicidio. Poi intorno alle 8 l'uomo ha chiamato il 112: «Venite, l'ho ammazzata». Nella notte ha tentato di togliersi la vita, usando una lama per tagliarsi le vene e la gola: ma non ci è riuscito e quando i carabinieri sono arrivati hanno trovato lei distesa a terra ormai senza vita, tra il salone e la camera da letto, lui sconvolto e sanguinante. I sanitari del 118 lo hanno medicato e poi trasportato al Policlinico.

Nell'appartamento hanno lavorato i carabinieri della Stazione di Santa Teresa di Riva ai comandi del luogotenente Maurizio La Monica, insieme ai colleghi del Nucleo operativo della Compagnia di Taormina, con in testa il capitano Arcangelo Maiello e ai militari del Ris del Comando provinciale. In ausilio anche due pattuglie della Stazione di S. Alessio Siculo e del Nucleo radiomobile, che hanno seguito De Pace in ospedale. Ad esaminare la salma di Lorena il medico legale Daniela Sapienza, a cui la Procura ha affidato l'autopsia. L'inchiesta è condotta dal sostituto procuratore di Messina Roberto Conte, che ha interrogato a lungo per tutto il pomeriggio e la serata Antonio De Pace, tornato a mezzogiorno dal Policlinico nella caserma di Santa Teresa.

Il giovane, alla presenza del difensore, ha confessato spiegando come si sia trattato di un delitto d'impeto scaturito da questa “causale” assurda del presunto contagio (sono stati eseguiti i tamponi su di lui e sulla vittima che hanno dato esito negativo), e legati probabilmente alla convivenza forzata in casa per l'emergenza Coronavirus. Gli inquirenti escludono comunque il movente passionale. De Pace, fidanzato con Lorena Quaranta da tre anni e conosciuto in zona perché infermiere che svolgeva assistenza domiciliare per conto di una cooperativa, in tarda serata è stato posto in stato di fermo per omicidio volontario e condotto a notte fonda nel carcere di Messina. Presto sarà interrogato dal gip, forse già domani.

E la comunità di Furci ieri si è svegliata drammaticamente smarrita: «Siamo sconvolti per questa tragedia - ha commentato il sindaco Matteo Francilia -, ogni gesto di violenza è da condannare e confidiamo nell'operato degli inquirenti. Ci stringiamo attorno alla famiglia della vittima e se venissero confermate le accuse, l'assassino va messo in carcere e si deve gettare la chiave». I vicini non hanno mai sentito litigi, solo lunedì pomeriggio forse un accenno di discussione in balcone. Sul posto anche l'avvocato Cettina La Torre, presidente del Centro antiviolenza di Furci: «Una tragedia immane che ha sconvolto tutti, sollecitiamo le donne vittime di violenza a non abbassare la guardia, soprattutto in momenti come questi. La convivenza forzata ha determinato una diminuzione delle chiamate, ma certamente non degli episodi e continuiamo ad esortare le donne a chiedere aiuto. A tutte ricordo che i soggetti maltrattanti vengono repentinamente allontanati dalla casa familiare e dico di non sottovalutate i minimi campanelli d'allarme».

«Sulla violenza di genere non dobbiamo abbassare la guardia, neppure per un attimo». Lo ha scritto ieri su Facebook il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha affermato di sposare in pieno «l'iniziativa del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, per tenere acceso un faro sul problema invitando tutti coloro che sono vittime di maltrattamenti a denunciare, chiamando i numeri di emergenza e utilizzando l'applicazione YouPol della Polizia di Stato». Tra i fronti aperti dall'emergenza, ha aggiunto il Guardasigilli, «occorre prestare grande attenzione alla protezione delle donne e dei minori esposti al rischio di subire violenze, come ha giustamente sottolineato la Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio: le statistiche e la cronaca ci dicono che molti dei casi di violenza di genere si consumano proprio all'interno delle mura domestiche».

Caricamento commenti

Commenta la notizia