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Focolaio nella casa di riposo di Messina, la direttrice: "Si potevano salvare tante vite"

«Se ne potevano salvare tanti... se fossero intervenuti prima». Piange Donatella Martinez. Ha scelto di raccontarci la sua allucinante esperienza da proprietaria della casa di riposo “Come d'incanto”. E ancora non conosce l'esito del tampone che le hanno fatto qualche giorno fa, per sapere se può rivedere sua figlia. Il groppo in gola è la costante della conversazione, intervallata da pause, «i miei nonnini» ripete: «alla fine eravamo come un campo di concentramento, lei ha mai visto un campo di concentramento ordinato?». Cerchiamo di ripercorrere i nove giorni d'inferno nella struttura, che è divenuta il principale focolaio di Messina: «Io mi rialzerò», ripete, «avevamo chiesto solo che ci mandassero un'équipe che dirigesse il mio personale...».

- Cerchiamo di ricostruire...
«Sì, io mi sono sempre assunta le mie responsabilità, ci tengo intanto a dirlo, le racconto tutto per filo e per segno... io qui ho i papà e le mamme di persone squisite e perbene, che sono i figli, ed è giusto che anche loro sappiano, compresi i miei anziani che sono serviti e riveriti... sono stroncata dalla vicenda... io ho fatto quello che dovevo fare, chiudendo la struttura alle visite dal 5 marzo in poi, dopodiché intorno al 12 marzo sono cominciati i primi sintomi... le dicevo il 5 marzo ho deciso di limitare le visite, per cui non è entrato più nessuno nella struttura. Il 12 è stato il momento in cui parte degli anziani hanno accusato sintomi sospetti, la febbre non scendeva, l'avevano da un paio di giorni, e ci siamo allarmati. Abbiamo quindi aspettato, per vedere se con la terapia antibiotica qualcosa cambiava, ma con scarsi risultati. Dopodiché ho cominciato a chiamare il 1500, nessuna risposta, poi anche altri numeri, nessuna risposta... questo è successo il 16 marzo. Il 17 sono riuscita a collegarmi con il numero 1500, spiego tutto a una signora, mi dice “la faccio chiamare dalla dottoressa”. Non mi ha chiamato nessuno, e io il 18 mando mail e pec a tutte le istituzioni a partire dal prefetto, dal centro coronavirus, poi all'Asp, alla Protezione Civile, al Comune. Mi risponde una dottoressa dell'Asp e mi dice “mi giri una relazione”... faccio la relazione, ma non mi risponde nessuno. Dopodiché ricevo una telefonata da una addetta della Protezione Civile che mi dice che ha ricevuto la mia richiesta e che l'ha inoltrata come urgente all'Asp. Intanto avevo chiesto i presidi sanitari alla Protezione civile, e mi sono messa in collegamento anche con l'assessore Minutoli, che è una persona eccezionale, c'è stato vicino sempre in questi giorni».

- E poi che è successo?
«Quando l'Asp, l'indomani mattina, siamo al 19, decide di fare i tamponi, mi dicono che quelli disponibili su 71 ospiti e 16 operatori di turno quel giorno sono solo 23. Chiedo che vengano fatti a campione tra anziani e operatori, invece decidono di farli solo agli anziani che presentano i sintomi... sono risultati 2 negativi e 21 positivi. I tamponi li eseguono il giovedì, il responso arriva sabato o domenica addirittura... aspetti... chiedo per essere precisa... allora, mi danno il risultato sabato, comunicato a voce. Il giovedì le dottoresse dell'Asp che avevano eseguito i tamponi ci avevano detto “torniamo tra un'ora, restate tutti qua dentro, non si muove più nessuno”, e i miei hanno eseguito tutto alla perfezione perché anche loro erano spaventati... avevano detto “torneremo presto a fare tutti i tamponi”... da quel giorno non è tornato più nessuno, e all'interno si sono “impanicati tutti”. Il responso era solo a voce, quindi tutti avevamo il dubbio... e da lì, da quel momento, ho cominciato a chiedere aiuto, per far fare i tamponi alle ragazze e al resto degli anziani. Sono rimasti tutti lì dentro, senza mascherine, abbiamo finito tutti i presidi, la Protezione Civile ci mandava gli altri, io ho comprato 18 dispositivi personali che erogano ossigeno per sei mesi. E nessuno veniva, il sindaco è stato disperato con noi, mi ha risposto sempre, anche all'una di notte, la stessa cosa è accaduta con Minutoli e con la Musolino, l'Asp mi ha solo rimproverato “eh, già le abbiamo dato troppe mascherine”, ma noi chiedevamo disperatamente di fare questi tamponi. Noi volevamo capire chi era positivo e negativo tra gli interni, così da poterli dividere, visto che la struttura è enorme, e avevamo chiesto dall'inizio l'intervento di una squadra a sostegno, per dirci in queste condizioni cosa si dovesse fare e cosa no... una semplice casa di riposo era diventata un reparto di malattie infettive... dovevo per forza chiedere a qualcuno di prendere la situazione in mano... è una semplice casa di riposo... è il coronavirus che mi ha portato a questa situazione».

- Andiamo avanti...
«Sì, allora, agli operatori fanno il tampone il martedì e ci danno risposta il giorno dopo, ma la sera tardi, a quel punto c'erano 8 positivi e 8 negativi, ma per i tamponi dei 43 anziani rimasti ancora non si aveva il risultato, sono arrivati un po' dopo, alla fine erano quasi tutti positivi. A quel punto l'Asp mi ha mandato un provvedimento, avvisandomi che avrebbe spostato gli anziani fra Papardo, Policlinico e Barcellona, quelli negativi sarebbero andati all'Opus di via Palermo. È stato il panico totale, e non le nascondo che alcuni operatori risultati negativi il loro servizio l'hanno garantito fino alla fine, hanno detto “questo è il nostro lavoro”... hanno avuto coraggio».

- Adesso la casa di riposo è chiusa?
«Sì, sto aspettando che la prossima settimana, come promesso dall'Asp, effettuino la sanificazione, dopodiché gli anziani negativi potranno cominciare a tornare man mano che guariscono... ma che lei deve sapere che gli otto anziani che dovevano essere trasportati perché risultati negativi, siccome sono stati a contatto con quelli positivi, e tutti lì dentro sono stati rinchiusi in un focolaio, hanno creato altri problemi: un'anziana degli otto negativi ha avuto alcuni sintomi, abbiamo chiamato il 118 ma è morta dopo un'ora, perché si è trasformata in positiva, infatti le hanno fatto il test. E un'altra ancora, aveva qualche decimo di febbre... 37.5, l'hanno portata direttamente al Policlinico e non all'Opus».

- Ma lei come si spiega che questa casa di riposo è diventata un focolaio vero e proprio, c'è stato qualche contagio dall'esterno evidentemente?
«Guardi, tutti mi parlano di un dottore, io non lo conosco (dovrebbe essere il paziente “zero” ricoverato al Papardo, uno degli sciatori di Madonna di Campiglio, n.d.r.), mi dicono che qui c'era sua mamma, ma io non ho mai conosciuto uno che si chiama così, sarei stata io la prima a denunciarlo. Io non so come il virus possa essere “entrato” ma è ovvio, e di questo sono certa, che con 71 ospiti, e con almeno due figli a testa, c'erano circa 140 persone che durante la settimana entravano... era un viavai di gente continuo, noi non abbiamo mai avuto un orario fisso di visite, per cui i parenti prima del 5 marzo facevano quello che volevano, se qualcuno voleva restare per esempio fino alle dieci nessuno diceva nulla. Secondo me il virus è “entrato” perché ci sono dei parenti che stanno fuori Messina e sono venuti a fare visita, ma non nell'ultimo periodo. Andare a cercare chi è stato in concreto è difficilissimo con una struttura con 71 persone, e i figli sono tutti molto presenti... ed è ovvio che tutto questo non sarebbe successo se mi avessero mandato qualcuno... anche al quarto, al quinto giorno... un'équipe che stesse lì dentro a dirigere il mio personale... era come se fossimo in guerra..., ripeto, se avessero mandato qualcuno per tempo sarebbe andato tutto bene».

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