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La lettera: "Mio figlio contagiato da Coronavirus ricoverato a Messina, ecco com'è andata"

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore di Messina che racconta la sua esperienza di padre di uno dei pazienti ricoverati in quanto contagiato da Coronavirus.

 

Mi ritrovo, ahimè, a doverVi inoltrare la presente, pregandoVi di pubblicarla, al fine di evidenziare la situazione incresciosa, inqualificabile e inaccettabile che sto vivendo indirettamente, in quanto padre di un “uomo comune”, senza grandi titoli e natali, ricoverato presso il Policlinico Universitario di Messina perché positivo al COVID-19; situazione che, certamente, accomuna molte persone comuni e che non ci permette neanche di dormire la notte.

Mio figlio, un uomo di 50 anni, è stato ricoverato presso la suddetta struttura nella tarda serata del 21 marzo.

Per quasi due giorni è rimasto in una sala di isolamento, presso la quale gli operatori sanitari non passavano mai, non gli veniva somministrato cibo, non gli veniva mai misurata la temperatura corporea.
Si è preceduto esclusivamente alla somministrazione di ossigeno, alla ripetizione del tampone, al prelievo venoso e arterioso e al Rx toracico.

Successivamente è stato trasferito nel reparto appositamente allestito per l’emergenza in oggetto; la situazione, però, non è mutata. Difatti la presenza del personale sanitario è quasi nulla, di conseguenza anche la relativa assistenza al malato è assai carente.

Solo dopo tre giorni (quindi dopo circa 5 giorni dall’avvenuto ricovero), nella mattinata odierna, si è proceduto alla somministrazione di una terapia contro il virus in questione (nonostante, da ogni parte, esperti virologi e infettivologi, sostengano l’importanza della tempestività delle cure).

A rendere ancor più grave e abominevole la predetta situazione, è la seguente circostanza: mio figlio dopo essere stato lasciato per più giorni senza cibo, ad oggi riceve solo ed esclusivamente un piatto di semolino ed un omogeneizzato. Come può un uomo di 50 anni sperare in una ripresa, se gli vengono praticamente negati i relativi mezzi per il comune sostentamento?

Mi chiedo e Vi chiedo, inoltre: il trattamento che stanno riservando a mio figlio, è lo stesso riservato ai professionisti ricoverati nella stessa struttura e per gli stessi motivi?

Da cittadino e da padre profondamente preoccupato, pretendo delle risposte che, ho provato a ricevere dai vertici dell’Azienda in questione, ma invano poiché, ai relativi recapiti, non rispondono.
Vi chiedo, quindi, di dare pubblicità a questa mio “grido di dolore e di paura”, sperando che qualcosa si muova e la situazione possa mutare in positivo.

Un padre di 75 anni addolorato e preoccupato

 

Di seguito la replica del Policlinico

In merito alle segnalazioni pervenute alle testate giornalistiche da parte di familiari e amici di pazienti ricoverati presso il Covid Hospital del Policlinico "G. Martino" di Messina e relativa a disagi subiti dai loro cari, il Direttore Generale dell'A.O.U. dott. Giuseppe Laganga precisa quanto segue:
"Preliminarmente non posso che scusarmi, personalmente e a nome dell'Azienda tutta, per eventuali disfunzioni registratesi in questi giorni.

Non entro nel merito delle singole segnalazioni, purtuttavia chiedo un po' di comprensione rispetto a una situazione emergenziale, che ha imposto in pochi giorni l'apertura ex novo di un Padiglione dedicato ai malati affetti da Covid-19. Circostanza resa ancora più difficile dal fatto che, trattandosi di malattia infettiva, i pazienti devono rimanere in stretto isolamento.

Parallelamente all'aumento dei posti letto, abbiamo messo in campo azioni per attenuare i disagi dei degenti. Abbiamo istituito un servizio informazioni, abbiamo – grazie alla generosità di uno dei tanti donatori – fornito tablet per le videochiamate, abbiamo cercato di accelerare i tempi di attesa al triage grazie all'istituzione del laboratorio di analisi dei tamponi presso il Policlinico. Si tratta di attività organizzate in pochissimo tempo, che ovviamente avrebbero bisogno di tempi di rodaggio ben più lunghi e che in questo momento ovviamente non possiamo permetterci.

Quanto detto nelle righe precedenti, però, non deve essere assolutamente un alibi per nessuno di noi, poiché anche, e soprattutto, in un contesto come questo non possiamo perdere di vista come il malato debba essere un punto di riferimento fondamentale. L'impegno di questa Azienda sul fronte dell'umanizzazione non può venire meno proprio in un simile momento. Percepiamo, tra l'altro, come la condizione di chi è affetto da Covid-19 stia diventando di giorno in giorno sempre più particolare: il rischio è che venga interpretato dalla comunità come una minaccia, emarginato.

Nulla di tutto ciò deve avvenire e sono certo che tutti noi, tutti gli operatori dell'A.O.U. Policlinico "G. Martino" potranno vedere dietro queste segnalazioni un ulteriore stimolo per dare anche più di quel cento per cento che stanno garantendo in questo momento".

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