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Oltre i Nebrodi, la “piovra” dei Batanesi sulla mafia siciliana: tutti gli uomini chiave

I tentacoli della “piovra” dei Batanesi arrivavano ovunque. Da cosa nostra palermitana alla mafia catanese. Una cellula nell’Ennese (Centuripe e non solo) e il controllo pieno anche in un vecchio feudo dei barcellonesi come Montalbano Elicona.

E poi Caltagirone, Bronte, Cesarò. Le carte dell’inchiesta “Mafia sui Nebrodi”, che all’alba di mercoledì ha decapitato, con 94 arresti, i clan tortoriciani, chiudono un cerchio aperto anche da precedenti operazioni antimafia sui rapporti tra i clan stessi ed altri gruppi criminali siciliani.

Ad esempio - ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola - il mandamento di San Mauro Castelverde di cosa nostra palermitana. Ad esempio la famiglia Santapaola, riferimento nella mafia catanese, pur essendo buoni i rapporti con il clan Cappello. Trame di una tela cucita attraverso alcuni uomini chiave.

Uno di questi uomini chiave è Gino Calcò Labruzzo, referente dei Batanesi a Montalbano Elicona. Trait d’union con i catanesi è invece Salvatore Coco, detto “Turi Giuliano” o “Pane Pane”, organico al gruppo di Paolo Brunetto, affiliato ai Santapaola.

A Cesarò uomo di riferimentoè Giovanni Pruiti, fratello di Giuseppe, arrestato nel 2004 per l’omicidio di Bruno Sanfilippo Pulici. I rapporti con la famiglia mafiosa di Polizzi Generosa, valuta il gip, sono ulteriore riprova del «rango riconosciuto ai Batanesi». Nel marzo 2013, ad esempio, si incontrano Vincenzo Galati Giordano “Lupin”, al tempo reggente del clan perché il Uappo è in galera, e Antonio Giovanni Maranto, che si muove con l’approvazione del boss del mandamento palermitano di San Mauro Castelverde, Francesco Bonomo. È qui che emerge il legame anche con i Cammarata di Enna.

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