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Al Tao FilmFest la prima europea di “A thousand and one”. La forza delle donne contro le ingiustizie

«A prescindere da chi sei, da dove vieni e da cosa possiedi, hai tutte le potenzialità per lottare per ciò a cui tieni. E questo film è importante per l’empowerment delle donne». Non sembri scontata l’affermazione di A.V. Rockwell, la regista americana che ha diretto il film “A thousand and one”, vincitore del Gran Premio della Giuria come film Drammatico al Sundance Festival e proiettato al Taormina Film Fest (domani nelle sale italiane) in prima europea.

Protagonista la cantante e attrice Teyana Taylor che interpreta il ruolo di una madre, Inez, che rapisce il figlio di sei anni dal sistema di affidamento, decisa a garantire al piccolo un senso di stabilità e di famiglia, unica ancora di salvezza. Attraverso le vicende familiari, il film scruta anche l’evoluzione della città di New York che cresce, sindaco dopo sindaco, disinteressandosi alla vita degli ultimi. Lo spunto arriva alla Rockwell dal «modo in cui la gentrificazione (ovvero la trasformazione di un quartiere popolare e proletaria in zona abitativa di pregio, con il conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni n.d.r.) stava rimodellando New York City, città che amo, e soprattutto me. Non mi sembrava affatto naturale, perché erano solo alcuni quartieri a essere oggetto del cambiamento. New York è una città aggressiva che non sempre ti viene incontro. Nel film è il terzo personaggio».

Ma non solo: «Sentivo che le esperienze delle donne nere nella società fossero trascurate, anche all’interno delle nostre stesse comunità e famiglie. Il bisogno di parlarne è sorto spontaneo». E lo fa iniziando nel 1994 per finire nel 2005. Nel frattempo, il bimbo cresce, Inez si sbatte, le relazioni, come sempre, sono altalenanti, mentre intatte rimangono le ingiustizie, le differenze: «Nel realizzare questo film ho pensato a tutte le donne incontrate nella mia vita, sempre pronte a combattere, silenziosamente, anche quando il mondo era loro contro. Inez le incarna tutte». E se le chiedi cosa c’è di lei nella protagonista, risponde: «Le somiglio perché è forte, disinteressata e ama la famiglia e gli altri in modo profondo. Per queste persone lotta fino a trovare la forza anche per se stessa».

Mischiando vita personale e vita politica, A.V. si destreggia tra i temi di classe e razza: «La violenza della polizia nei confronti della gente di colore esiste e va denunciata. Dopo l’uscita del film i servizi sociali che si occupano di affidamento a Harlem mi hanno contattata e abbiamo affrontato il tema: la gestione dell’affido dei minori è quasi sempre fallimentare». Il bambino – quell’uno che si aggiunge ai mille del titolo – nell’arco dei vent’anni è interpretato da tre attori. Preso esempio da “Moonlight”? «Ho visto “Moonlight” e sono amica del regista, Berry Jenkins, ma ho fatto questa scelta perché era necessaria alla storia».

Taylor, al suo primo ruolo da protagonista, porta sullo schermo la forza e il talento coltivati dai palchi dei suo concerti. L’aver girato dei videoclip dei suoi brani le ha inoltre reso familiari i linguaggi della macchina da presa. «Ho due bambini piccoli, quindi proprio la maternità ha reso facile il mio rapporto con i giovani colleghi. Più sfidante il rapporto con il pre-adolescente perché non ho ancora esperienza con questa fascia d’età. Mi è servito da preparazione». Indecisa tra cinema e musica? Non troppo: «Non voglio scegliere, però questo film ha rappresentato davvero tutto per me».

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