Il tappezziere col vizio del gol, il bomber di provincia, l’uomo dei gol più belli e spettacolari. Per noi soprattutto il “9” dell’ultima Serie A, calciatore sui generis, Riccardo Zampagna, e mai banale che ha legato il suo nome al momento storico più importante del calcio messinese. In giallorosso ha lasciato il segno sia in B (19 gol) che in A (14), infiammando con le sue prodezze prima il “Celeste” e poi il “Franco Scoglio” con la fame e di chi era partito dal basso e voleva gustarsi la meritata gloria. Come quella sera a San Siro – 22 settembre 2004, e chi la dimentica! – quando l’attaccante ternano stese il grande Milan con un tuffo di testa su pennellata mancina di Parisi.
Riccardo Zampagna compie oggi cinquant’anni, gran parte dei quali spesi su un campo da calcio a inseguire i suoi sogni, quelli di diventare un professionista del pallone. Una favola che il ragazzone di Terni si è guadagnato partendo dalla dura vita di chi in giovane età era già costretto a lavorare per aiutare una famiglia umile ma di grandi valori. Il papà Ettore lavorava alle Acciaierie e conosceva bene il valore del sacrificio: «Ma non seguire mai la mia strada – disse un giorno al figlio –, in fabbrica mai nessuno ti metterà una mano sulla spalla». Riccardo fece tesoro di quelle parole, dividendosi tra il lavoro di tappezziere e gli allenamenti serali per giocare tra i dilettanti umbri e arrotondare col pallone. La svolta della sua carriera fu Walter Sabatini, all’epoca giovane ds della Triestina, umbro come lui e grande scopritore di talenti. Così nel ’97 con gli alabardati lasciò lo status di dilettante firmando il suo primo contratto Pro. L’inizio di una storia bellissima. Dieci gol al primo anno di C2, poi l’Arezzo in C1, il Catania, Gaucci a Perugia che lo “parcheggiò” a Catania in quella Sicilia in cui scriverà poi un pezzo importante della sua vita di bomber. Poi la prima B a Cosenza e subito doppia cifra (10 gol, l'allenatore? Bortolo Mutti!), il Siena, la Ternana in mezzo alla doppia esperienza in riva allo Stretto dove assaggia la sua prima Serie A perché il Messina, promosso con la banda di Mutti, se l’era aggiudicato alle buste.
Cosa gli sia passato nella testa, al debutto in Serie A contro la Roma, davanti ai 40mila del “San Filippo”, lo sa solo lui: campo zuppo d’acqua, altalena di gol ed emozioni, il suo cucchiaio a Pelizzoli per un pazzesco 4-3. Tre giorni prima di stregare San Siro ed entrare di prepotenza nella storia giallorossa. Dodici gol in quella magica annata, solo due nella mezza stagione successiva, quell’accenno di testata all’arbitro Banti e il passaggio all’Atalanta, dove continuerà a deliziare con il suo istinto del gol.
Quindi la B con Vicenza e Sassuolo e l’addio al calcio alla Carrarese prima di intraprendere tra i dilettanti – sugli stessi campi dove iniziò a fare gol – la carriera d’allenatore e manifestare il sogno «di guidare un giorno il Messina. La squadra per cui sarò sempre un tifoso». Auguri, Riccardo, bomber di un tempo sempre più lontano. Quello stadio pieno che ti osannava oggi vive di quei ricordi sempre più lontani.
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