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Università di Messina, un’altra inchiesta sull’era Cuzzocrea nata dai rilievi dell’Anac

Aperto un fascicolo in Procura sulla gestione di appalti e affidamenti nel periodo dell’emergenza covid-19

Dopo la prima inchiesta sul “caso rimborsi” di cui abbiamo dato notizia nelle settimane scorse, sulla gestione Cuzzocrea dell’ateneo c’è da registrare un’altra novità. Ovvero che c’è una seconda inchiesta aperta dalla Procura retta attualmente come vicario dal magistrato Rosa Raffa. Anche in questo caso sono stati iscritti a registro più indagati, e il contenuto è molto preciso: i rilievi che fece l’Anac, l’Autorità Anticorruzione, parlando di «inadempienze e irregolarità negli appalti banditi dall’Università di Messina».
Eravamo nel 2022 e l’Anac concluse l’istruttoria con la delibera n. 184, approvata dal consiglio il 5 aprile. Gli appalti contestati dall’Autorità riguardavano tutta una serie di lavori: efficientamento energetico del patrimonio immobiliare dell’Ateneo (dieci milioni di importo); i lavori di restauro conservativo dei prospetti e riqualificazione del patrimonio immobiliare universitario (importo complessivo 7.808.000 di euro); l’esecuzione dei lavori per la riconversione residenze universitarie in due plessi dell’Università (importo affidamenti euro 9.363.953 e euro 8.419.316).

Inoltre, l’indagine aveva riguardato affidamenti di forniture e servizi: fornitura e posa in opera di arredi didattici (importo complessivo euro 1.364.740); fornitura e posa in opera di completamento di arredo e accessori (importo complessivo euro 403.124), entrambi affidati con delibera del consiglio d’amministrazione dell’Università di Messina in data 24/9/2021.
In concreto l’Anac contestava all’ateneo l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio del Decreto semplificazioni, tenuto conto che tale deroga doveva essere riferita ai casi di sussistenza di ragioni di estrema urgenza strettamente derivanti dall’emergenza sanitaria in corso.

Tali presupposti secondo l’Anac non ricorrevano negli affidamenti considerati e nei settori indicati: le situazioni di urgenza prospettate dall’ateneo si potevano ricondurre alle situazioni di incuria e carenze manutentive protrattesi nel corso degli anni, non strettamente collegate all’emergenza Covid, così come invece avrebbe richiesto la normativa di riferimento.

L’Anac poi sosteneva che - anche a voler ammettere l’applicazione del regime derogatorio in esame - non risultavano esserci i presupposti per l’operatività degli affidamenti diretti operati, tenuto conto che la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere nel rispetto dall’applicazione dei principi derivanti dalla direttiva 2014/24.

Ne conseguiva che - per quanto atteneva alla scelta della procedura - non poteva ritenersi operante il regime di deroga, prospettandosi la necessità del rispetto delle procedure concorsuali ordinarie previsto dalla normativa europea della legislazione nazionale

L’ex rettore Salvatore Cuzzocrea all’epoca replicò in maniera netta, affermando che «pur nel pieno rispetto della posizione dell’Anac, che aveva già espresso analoghi rilievi alla proposta del governo di conversione in legge del decreto 76, l’Università di Messina ha operato in pieno rispetto delle indicazioni della Commissione parlamentare e dei lavori della conversione in legge del decreto n. 76. Tale posizione è stata suffragata dalla risposta inviata all’interrogazione parlamentare da parte del ministro dell’Università Maria Cristina Messa. E siccome l’ateneo risponde al Ministero - concluse il rettore -, non possiamo far altro che applicare l’interpretazione governativa alla norma che disciplina il mondo universitario».

Adesso però lo scenario è cambiato. E l’inchiesta penale va avanti.

 

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