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Ora verrà dichiarato lo stato di emergenza

Ora verrà dichiarato lo stato di emergenza

Lasciate da parte le “provocazioni” e gli accostamenti del tutto fuori luogo (come quello baracche-migranti), resta la serietà del tema sollevato dall’Amministrazione comunale. Un tema così importante per la città di Messina da aver indotto il presidente della Regione siciliana a valutare concretamente l’ipotesi di una dichiarazione di stato di emergenza sanitaria socio-economica. «Fornitemi tutti i dati e le relazioni – ha dichiarato ieri Nello Musumeci – e io mi impegno a portare il provvedimento alla prossima seduta di Giunta».

Il sindaco Cateno De Luca è tornato ieri sera da Palermo con molte più certezze rispetto a quelle con le quali era partito nel pomeriggio. Finora la sfida lanciata con l’ormai famosa ordinanza di sgombero (entro il 31 ottobre) e di demolizione (entro il 31 dicembre) delle oltre duemila baracche che insistono negli ambiti di risanamento, è sembrata un grande azzardo, giocato su tempi talmente ristretti da apparire impossibili da rispettare. Ma la strategia di De Luca è chiara: prima accendere i riflettori, poi alzare il livello della posta in palio, quindi tenere caldissimo l’argomento, puntando a farlo diventare prioritario anche oltre i confini dello Stretto. «Io su questo ci metto la faccia, mi gioco tutto», ha ripetuto più volte il sindaco che vuol passare alla storia di Messina come colui che ha eliminato definitivamente la piaga delle baraccopoli.

I passaggi procedurali sono delicati, certamente non facili: la Giunta regionale deve riconoscere lo stato di emergenza, approvando la delibera propedeutica alla dichiarazione che dovrà essere, poi, decretata dal Governo nazionale. Sarebbe un caso quasi unico (forse esiste solo un precedente in Italia): solitamente lo stato di emergenza viene dichiarato a seguito di eventi più o meno disastrosi, imprevisti e imprevedibili, che lasciano sul terreno devastazioni, morti, feriti, sfollati. Ma la città di Messina si sta giocando una carta che può alla fine essere vincente. Lo stato di emergenza socio-abitativa, rappresentata concretamente dall’esistenza di un numero di baracche che non ha eguali in altre città, venne di fatto riconosciuto nel 1990, allorché la Regione emanò la legge 10, destinata a finanziare, con 500 miliardi di lire, lo sbaraccamento. L’errore grave di allora fu l’aver concepito una legge, lodevole nelle intenzioni, rimasta “speciale” solo sulla carta, perché basata su procedure ordinarie. A distanza di 28 anni quella fase si è esaurita ma sono rimaste in piedi le “favelas” come quelle di Fondo Fucile, Fondo Saccà, Rione Taormina, Villaggio Aldisio, Giostra. Gli interventi “a macchia di leopardo” non bastano. «Io non voglio più assistere a servizi televisivi che definiscono Messina la città delle baracche e voglio che tutti abbiano una casa dignitosa dove vivere», è l’impegno che De Luca ha assunto sulle proprie spalle, chiedendo al governatore Musumeci di condividerne il peso.

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