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Gabrielli: «Stiamo lavorando per un G7 sicuro»

Gabrielli: «Stiamo lavorando per un G7 sicuro»

Taormina

In una Taormina sottosopra che tenta solo con un po’ di ombretto, i pochi milioni di euro rispetto a quelli previsti, di rifarsi il trucco per il G7, il capo della Polizia Franco Gabrielli ieri mattina s’è fatto una passeggiata per vedere come vanno le cose soprattutto sul piano della sicurezza.

La sua è stata una visita-lampo, accompagnato dal questore di Messina Giuseppe Cucchiara, poi si sono uniti anche il prefetto Francesca Ferrandino e il sindaco Eligio Giardina, che ormai da mesi non ci dormono la notte perché tutto fili liscio con i grandi della terra. Ha visitato anche la Badia Vecchia e Palazzo dei Duchi di Santo Stefano.

Tutti hanno fatto poi una puntata all’Hotel San Domenico, che sarà il cuore del vertice, per vedere come sta andando la preparazione. E mentre Gabrielli girava per quelle meravigliose stanze secolari, ieri mattina, accompagnato dai suoi uomini, una sposa straniera, forse inglese, il vestito bianco-panna per un attimo incastrato in un tombino, usciva dall’antica porta dell’albergo per andare in chiesa. Taormina è anche questo.

- Dott. Gabrielli, a che punto siamo sul versante della sicurezza per il G7?

«Approcceremo questo appuntamento impegnativo, non foss’altro perché qui ci saranno i vertici dei sette paesi più industrializzati del mondo, con la serenità e la tranquillità che deriva dal fatto che stiamo facendo un buon lavoro, e che metteremo in campo delle professionalità all’altezza della situazione».

- Già, però ad ogni G7 c’è “qualche” protesta...

«Da Seattle, dal ’99, questi eventi  sono stati caratterizzati purtroppo in alcune circostanze da vicende legate alle contestazioni, anche su questo il nostro approccio è estremamente sereno».

- Che significa in concreto?

«Posso dire che garantiremo a tutti quelli che vogliono manifestare di farlo, ovviamente in condizioni di luogo e di tempo che consentano anche  il regolare svolgimento del vertice. Con un atteggiamento che sarà di grande ed assoluta tolleranza nei confronti di chi manifesta pacificamente, e con il rigore che la legge impone nei confronti di tutti quelli che intenderanno fare atti di violenza. Ben vengano tutti quelli che vogliono manifestare, il dissenso credo che sia una delle caratteristiche più preziose di ogni democrazia, però nel momento in cui la manifestazione di dissenso si tinge e si confonde con la violenza credo che chi ha per legge la titolarità dell’esercizio della forza la debba mettere in campo in maniera adeguata, tempestiva, e con quelle che sono i rigori che la legge ci consente di esercitare».

- Avete fatto delle previsioni sul numero degli antagonisti o sui luoghi  dove si potrebbero concentrare?

«Da quello che registriamo noi, ci sono molte o poche idee ma confuse, quindi aspettiamo che si mettano d’accordo, trovino una linea. Peraltro è tipico di questo mondo l’essere frastagliato, ma anche questa è la ricchezza della democrazia. Quando ci presenteranno le loro iniziative le valuteremo. C’è il Questore della provincia di Messina che ha anche la titolarità di dare prescrizioni o di vietare, ragioneremo nel momento in cui si decideranno ad avere le idee più chiare».

- Ma il vostro atteggiamento quale sarà?

«Assoluta disponibilità nel rispetto della legge, tutto quello che sta dentro questo alveo va benissimo, quindi cercheremo di favorire e di rendere meno complicato l’esercizio del dissenso, tutto quello che è fuori inevitabilmente subirà i cosiddetti rigori della legge. In ogni caso non abbiamo né un animus volto ad un atteggiamento repressivo, e nemmeno un animus di chi in qualche modo si porta dietro magari qualche scoria, che non è stata ancora metabolizzata».

- Pensa a Genova?

«Io dico sempre che ho l’innegabile vantaggio di essere uno dei pochi che con Genova non ha avuto mai a che fare, nel bene come nel male, ho gestito invece il G8 de L’Aquila, perché facevo il prefetto. Quindi vivo questo appuntamento con una serenità ed una consapevolezza dell’importanza per un verso, ma anche convinto del fatto che queste cose devono essere vissute con la giusta tranquillità, e cerco in qualche modo di trasferire tutto questo ai miei uomini e alle mie donne, ai colleghi delle altre forze di polizia, e tramite voi all’intero territorio di questo splendido pezzo d’Italia. Mancano ancora una ventina di giorni, quelli dei dettagli, sono molto soddisfatto del lavoro, che peraltro conoscevo e che oggi vedo nelle realizzazioni e anche nelle location che sono state individuate, per consentirci  di gestire in maniera unitaria  il tema della sicurezza».

- Se mi consente una domanda diversa, cosa pensa della polemica sulle Ong?

«Per fortuna ho fatto per vent’anni il poliziotto e sono stato educato alla scuola per la quale si ragiona sulle fonti di prova, sui fatti, e un po’ meno sulle libere considerazioni. Ma posso spezzare una lancia nei confronti del procuratore di Catania Zuccaro, che non ne ha certo bisogno, per ricordare che è una persona molto seria ed equilibrata. Sono fiducioso che all’esito dell’attività che porrà in essere su questo argomento ci sarà più chiarezza per tutti».

- E questa storia che il presidente Trump non vuole dormire a Taormina?

«Siamo un grande Paese, che riesce a garantire livelli di sicurezza non sempre riscontrabili in altri territori del mondo, quindi il presidente Trump alloggerà dove riterrà di alloggiare. Sicuramente la decisione non sarà collegata a motivi di sicurezza, magari al fatto che gli piace più Sigonella che Taormina, ma ne dubito, dal momento che Taormina ha pochi eguali da questo punto di vista. Come sapete, il presidente Trump non sarà soltanto a Taormina in quei giorni, questo a dimostrazione che i nostri amici americani sanno che la sicurezza nel nostro Paese è un bene assolutamente tutelato e garantito».

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L’emergenza

«Riflettere sugli hotspot, ma occorre attrezzarsi»

«Fino a qualche mese fa si doveva fare un hotspot a Messina, uno a Catania, nel centro di Mineo... credo che il ministero dell’Interno, con il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione, stia rivedendo una serie di considerazioni anche da questo punto di vista». Ha affrontato anche questo argomento ieri mattina con i giornalisti il capo della polizia Franco Gabrielli. «È indubbio - ha anche detto -, che il nostro Paese debba attrezzarsi, anche se noto a volte forme e atteggiamenti da parte dei territori che non rispondono a una coerenza», ma, ha aggiunto, «abbiamo preso l’impegno con l’Europa che tutte le persone che arrivano sul nostro territorio devono essere identificate; e gli hotspot è proprio questo che hanno come obiettivo. Il Ministro ha fatto una ragionevole considerazione, che peraltro è strettamente collegata all’utilizzo razionale delle forze di polizia sul territorio».

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