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Cinque clan continuano
a spartirsi Messina

Cinque clan continuano a spartirsi Messina

La geografia della criminalità mafiosa cittadina è ben impressa nella mente degli investigatori. Le recenti indagini hanno confermato che sono cinque i gruppi a dettare legge: uno a Santa Lucia Sopra Contesse, Mangialupi e Giostra e due a Camaro. Soprattutto nella lotta alle cosche il nuovo capo della Squadra mobile, Francesco Oliveri, punta a far prevalere la legge dello Stato. «Con l’inchiesta “Matassa” – ha spiegato il vicequestore – si è riusciti a confermare l’esistenza di tre gruppi: a Camaro, con i clan Ferrante e Ventura, e a Santa Lucia sopra Contesse. Abbiamo verificato che le cosche storiche, dopo le grandi operazioni del Duemila si sono riorganizzate. I personaggi “di spicco” sono stati però monitorati all’atto del loro ritorno in libertà. Poi, l’indagine “Totem” ha confermato la pericolosità del sodalizio di Giostra, senza dimenticare, ovviamente, i traffici illeciti di quello radicato a Mangialupi, svelati con le operazioni “Refriger” e “Refriger 2”.

- Le attività di questi gruppi sono comuni o c’è qualche interesse specifico?

«A seconda delle inchieste sono emersi vari fattori. Ad esempio, l’operazione “Richiesta”, relativa al clan di Camaro, ha tolto il velo da un grosso giro di estorsioni. Il sodalizio di Mangialupi, invece, ha dimostrato di dare priorità allo spaccio di sostanze stupefacenti provenienti per lo più dalla Campania e dalla Calabria. La nostra attenzione sulla fenomenologia criminale è costante e i frutti si vedono. Molte indagini al momento sono al vaglio degli organi giudicanti».

- In tanti casi è stata contestata l’associazione mafiosa?

«Sì, abbiamo sgominato varie bande che operavano mettendo la gente sotto il tacco. C’era bisogno di un freno contro questi comportamenti».

- Che rapporti intercorrono tra i clan cittadini?

«Per un certo verso si può parlare di cosche federate, che gestiscono la suddivisione dei grossi affari con una ripartizione equa in base alle zone di influenza. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, i capi si riuniscono spesso. Ad esempio, abbiamo notato che Carmelo Ventura, di Camaro, mediava gli interessi grazie al suo carisma».

- Ci sono, però, anche altri reati che l’opinione pubblica chiede di combattere con forza...

«Non possiamo nascondere che rapine e furti costituiscono fattispecie delittuose di particolare allarme sociale. La polizia investe molto nella prevenzione dei cosiddetti reati “minori”, come lo scippo al vecchietto. La distribuzione delle risorse va anche verso questo ambito, in modo da difendere le fasce più deboli. E non a caso, la Mobile dispone di una sezione specializzata».

- Come sono suddivisi uomini e mezzi?

«La Squadra mobile può contare su cinque sezioni: Criminalità organizzata, Reati contro la persona, Reati contro il patrimonio, Antidroga e Criminalità extracomunitaria. Quest’ultimo settore ultimamente richiede sforzi maggiori, alla luce del fenomeno dell’immigrazione e dei continui sbarchi. Il nostro obiettivo è reprimere il fenomeno del favoreggiamento. Bisogna precisare, inoltre, che la Sezione già esisteva ma si è riorganizzata alla luce di un fenomeno che recentemente è esploso in tutta la sua drammaticità. Il Reparto è stato rafforzato con unità provenienti da fuori».

- Lei è giunto a Messina dopo importanti esperienze fuori. Dove in particolare?

«Ho avuto modo di conoscere la realtà messinese dopo essermi confrontato con altre del sud Italia. Tutte hanno la loro complessità, ma sono accomunate dalla permeazione della mafia. Il “modus operandi” è uguale. Se vogliamo, il territorio reggino è un po’ diverso, forse perché la ‘ndrangheta maneggia somme di denaro più cospicue».

– Quali sono le inchieste a cui è più legato?

«L’operazione più importante, per me, è la “Matassa”, sull’intreccio tra mafia e politica in città. L’indagine ha richiesto molto impegno e i risultati conseguiti sono di tutto rispetto. Ricordo, poi, anche la mia prima inchiesta, denominata “Ruota libera”, sul traffico di sostanze stupefacenti con epicentro nel rione di Mangialupi. Il lavoro investigativo su questo fronte l’aveva iniziato il mio predecessore, il dottor Giuseppe Anzalone, da cui adesso eredito un’ottima Squadra mobile, con un ottimo personale».

- Quali obiettivi si prefigge adesso?

«Posso dire semplicemente che continuerò a lavorare come ho sempre fatto e con la grande volontà che ho sempre avuto, conscio, però, di avere maggiori responsabilità».

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