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Arrigo “punito” per la droga al figlio di un boss?

Arrigo “punito” per la droga al figlio di un boss?

Glielo avevano detto, a quanto pare, qualche settimana prima del devastante “bum bum”. Con le buone, si fa per dire.

Lascia stare, non gli vendere la roba al figlio di quel boss, uno che a Giostra ha comandato veramente per anni e anni. Stai attento. A quanto pare glielo avevano pure ripetuto, sempre con le buone, o quasi, alcuni giorni dopo.

Ma evidentemente degli avvertimenti Angelo Arrigo, il 27enne fruttivendolo ritenuto dalla polizia attivamente inserito da tempo nel mondo dello spaccio di droga leggera e pesante in città, se ne sarebbe infischiato. Non ha ascoltato gli “ambasciatori”.

Così a Giostra dopo tanti anni di silenzio, qualcuno che ancora dirige in condominio la “baracca” mafiosa per conto proprio e per conto terzi, ha deciso di ritirare fuori il fucile a canne mozze per agire.

Sembra questo, almeno per il momento, lo scenario più accreditato nelle indagini della Squadra mobile per il devastante ferimento del 29 aprile corso al mercato di Giostra, due devastanti fucilate alle gambe di Angelo Arrigo, sparate con ferocia e violenza inaudita, con il chiaro intento di spappolare gli arti. Tanto è vero che una gamba, i medici del Papardo sono stati costretti ad amputarla, nonostante avessero fatto di tutto per scongiurarlo.

Secondo indiscrezioni investigative quindi, la polizia sta vagliando l’attività pregressa di Arrigo. Che oltre a lavorare con regolarità al mercato settimanale di Giostra come fruttivendolo, sarebbe stato inserito sempre secondo gli investigatori nel mercato “parallelo” di Giostra, ovvero della vendita di droga.

A quanto pare proprio in una di queste cessioni o contrattazioni di “merce” sarebbe stato coinvolto il figlio di un noto boss, o di un personaggio di primo piano, del clan mafioso di Giostra.

Sarebbero quindi nati dei contrasti molto forti tra Arrigo e il boss, o con alcuni suoi “emissari”, che prima della gambizzazione devastante avrebbero registrato alcune puntate precedenti.

Qualcuno degli “emissari” mandati dal capoclan sarebbe infatti andato più volte dal fruttivendolo ventisettenne, avvertendolo di “lasciare fuori” il figlio del boss dagli affari di droga.

Poi però di fronte al persistere di alcuni atteggiamenti sarebbe stato deciso di gambizzare in maniera eclatante e devastante Arrigo, forse anche per dare un segnale all’intero quartiere, forse per far capire a tutti gli “interessati” che lo spaccio di droga deve essere “allineato e coperto” in base alle indicazioni del clan mafioso dominate.

Le modalità dell’agguato del 29 aprile scorso, del resto, parlano chiaro e rievocano scenari molto analoghi a quelli degli anni ’80 e ’90. L’arma adoperata, un fucile a canne mozze, è molto spesso una firma del mandante e del contesto in cui si agita tutto.

Le modalità sono altrettanto indicative. In pieno giorno, alle undici e mezzo del mattino, al mercato di Giostra, davanti a decine e decine di persone, l’uomo col fucile appresso è sceso dal motorino, ha chiamato Arrigo, ha sparato da vicino, e gli ha bloccato perfino la gamba prima di esplodere il secondo colpo. Devastante e d’inaudita ferocia.

 

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