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Brucellosi: casi in aumento, maggiori controlli

Brucellosi: casi in aumento, maggiori controlli

È destinato ad aggravarsi il bilancio dell’epidemia di brucellosi registratasi nelle ultime settimane nella zona sud, in particolare nelle aree di Larderia e Tipoldo. I venti casi accertati di cui abbiamo riferito nell’edizione di due giorni addietro sarebbero già diventati 27 e da alcune indiscrezioni trapelate in relazione alle singole anamnesi alimentari, sembra che tutti abbiano riferito di avere assaggiato un formaggio “killer”, una famigerata forma di tuma dalla quale sono stati ricavati piccoli frammenti la cui degustazione, durante una festa di fine anno, potrebbe avere avuto effetti così gravi.

Ancora da ricostruire con esattezza i passaggi che, dall’acquisto di latte poi risultato gravemente infetto, hanno poi portato al contagio di un numero così elevato di persone, una vera e propria epidemia che, secondo alcuni esperti, potrebbe essere destinata a propagarsi.

Ciò non solo a seguito del progressivo accertamento – al termine del personale periodo di incubazione della malattia – di altri casi di contagio avvenuti con lo stesso prodotto caseario, ma per il diffondersi di contatti a monte, tra animali, con il medesimo ceppo di brucella che, stando ai rilievi degli esami di laboratorio, ha un titolo anticorpale molto alto, a testimonianza del forte potere infettivo.

Intanto, l’allarme per la salute umana ha già prodotto un primo concreto effetto: l’Unità operativa semplice di Sanità Animale dell’Asp competente per territorio (da Nizza a tutta l’area messinese) diretta dal dott. Domenico Crupi avvierà a breve una programmazione specifica anticipando i controlli sugli allevamenti della vallata del S. Stefano.

La legge prevede infatti che tutti gli allevamenti ovicaprini censiti siano controllati una volta l’anno per la brucellosi (se risultano infetti vengono poi ricontrollati ogni 21 giorni fino a eradicazione competa della malattia), due volte l’anno invece vengono sottoposti a controllo gli allevamenti bovini.

Ma le criticità da rilevare in casi come questo sono molteplici: da un lato appare sempre più preoccupante la presenza di allevamenti “ufficiali” che però, talvolta, pur non essendo autorizzati procedono ugualmente alla vendita di latte o alla caseificazione, attività entrambe invece soggette a regole rigide proprio per la tutela della salute pubblica.

Dall’altro, va attentamente valutata, pur con tutte le incertezze che comporta, la presenza – ipotizzata anche in questa vicenda – di singoli animali o interi greggi di capi infetti allo stato brado, che pascolando liberamente diffondo il contagio in maniera incontrollata anche sui capi registrati. Una diabolica concatenazione che si riverbera gravemente sulla salute umana se non si adottano precauzioni elementari, ma purtroppo spesso sottovalutate in nome di diffuse abitudini popolari e della ricerca di presunta “genuinità” che invece spesso si traduce in gravi complicazioni (e alti costi per il sistema sanitario).

Dunque, come raccomanda il direttore dell’Unità operativa semplice di Igiene degli alimenti dell’Asp, dott. Santi La Macchia, sempre, ma soprattutto in questo particolare momento di emergenza è assolutamente in dispensabile acquistare solo prodotti di certa provenienza, in strutture autorizzate e dotate di certificazioni. Allo stesso modo, l’organizzazione di sagre e degustazioni è soggetta a una particolare regolamentazione che presuppone sempre la richiesta di autorizzazione all’Asp, da cui si possono ottenere anche indicazioni per il regolare acquisto delle materie prime.

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