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Dalle crisi politica e civica ad un nuovo modello di città: quale?

Dalle crisi politica e civica ad un nuovo modello di città: quale?

Ripartire da un progetto di città, da un “noi” che possa compattare le forze produttive e dare una profondità agli sforzi di tutti coloro che ancora credono in una Messina viva. Parte dall'Università, dal mondo accademico, il tentativo di scuotere i cittadini prima ancora che la classe politica, cercando di focalizzare i motivi della crisi tramite una tavola rotonda orgazzata dai professori Giuseppe Bottaro e Alberto Randazzo, rispettivamente associato di Storia delle Dottrine Politiche e ricercatore di Istituzioni di Diritto Pubblico presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche. Per loro non può più reggere l'alibi del terremoto del 1908 o di altri momenti di frattura, ci deve essere qualcos'altro dietro i limiti evidenti sul piano civico, dell'appartenenza, degli obiettivi condivisi: intere generazioni sono ormai nate e vissute sullo Stretto, ma non riescono a sentirlo proprio nei fatti. Ci sono delle ragioni che possono più o meno avere segnato il passo, come la “fuga di cervelli” non “ricambiata”: molti, troppi partono per crescere e specializzarsi ma non tornano, in compenso nessuno rispetto anche al recente passato approda, nemmeno dalla vicina provincia o dalla Calabria. E poi c'è uno scollamento sempre più ampio tra il centro della città e le periferie, si percepisce l'assenza di armonizzazione degli interessi.

Questo il quadro, ma che città vogliamo essere? Dove possiamo trovare gli stimoli e gli spunti per svoltare? Il deficit generato dall'assenza di programmazione delle Amministrazioni può essere cancellato? Accentuare le vocazioni può essere una risposta, camminare su più strade rischia però di far perdere di vista quella più giusta per il futuro: turismo, industria, commercio, servizi. «Cominciamo non parlando più di Messina, intendendo solo il capoluogo, ma di Città Metropolitana - suggerisce il segretario generale della Cisl, Tonino Genovese -, la salvezza non può passare solo da Palazzo Zanca. Inoltre bisogna guardare meno ai contenitori e più ai contenuti».

Fare rete, recuperare il senso di responsabilità del singolo, saldare le relazioni sociali: è la ricetta di Fortunato Romano, presidente Mcl Sicilia. Parole forti, un'autentica strigliata è invece arrivata dal rettore del Seminario Arcivescovile “San Pio X”, Cesare Di Pietro, partendo dal valore della riappropriazione degli spazi: «Godiamo di tante risorse culturali, paesaggistiche e naturali spesso inaccessibili, ognuno faccia la propria parte per valorizzare il bene comune, le tradizioni, i talenti». Ciò che Barbara Orecchio, presidente locale dell'Azione Cattolica Diocesana, legge come un “educare al gusto della città” al quale tutti contribuiamo, perfino chi non fa nulla: «Non prendere scelte politiche è essa stessa una scelta politica». Si può fare molto, partendo dal proprio io ma senza essere autoreferenziali: «La formazione della persona sia costante e non vincolata a fatti episodici», è il pensiero del segretario della Consulta delle Aggregazioni laicali, Dino Calderone.

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