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Caso tenda, il giudice non crede ai vigili urbani

Caso tenda, il giudice non crede ai vigili urbani

 «Apporto non meritevole di incondizionata fiducia». Oppure «contributo scientemente mendace». Sono parole durissime, pietre giudiziarie, quelle che il giudice monocratico Massimiliano Micali ha scritto nelle motivazioni della sentenza sul “caso-tenda” che ha infiammato la cronaca e la politica l’e s t ate scorsa. Venti pagine che spiegano le condanne ai due attivisti Sergio Runci e Irene Romeo, ma dopo quello che è emerso al processo costituiscono anche indubbiamente un vero e proprio “atto d’accusa” nei confronti della Polizia municipale. Perché il lungo video mostrato in aula dalle difese («straordinaria valenza dimostrativa») dei due attivisti, ha sostanzialmente smentito quanto ricostruito dai vigili urbani negli atti ufficiali e quanto dichiarato dall’ispettore Marcello Vita sull’aggressione che aveva affermato d’aver subito dagli attivisti, aggressione invocata come causa delle lesioni a una mano provocate da un contatto con una palma.

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