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Soccorso pediatrico: una rete senza più buchi

Soccorso pediatrico: una rete senza più buchi

  Un ricordo doloroso, ancora vivissimo nella mente di tutti: una neonata che muore mentre non si riesce a trovare in tempo il posto in terapia intensiva di cui ha disperatamente bisogno. La tragedia della piccola innocente Nicole, che nello scorso febbraio da Catania scosse tutta l’Italia, si è tradotta in una incisiva, imperativa lezione, sfociata in un atto concreto e cogente: le linee guida per l’emergenza pediatrica, approvate dal Ministero per la Salute e illustrate ieri a Messina dalla ministra Beatrice Lorenzin, ospite d’onore dell’inaugurazione dell’anno accademico, nel corso della conferenza stampa tenutasi a fine cerimonia, nella sala senato dell’Ateneo peloritano. Una “rete” che mettendo insieme tutti gli operatori del sistema sanitario (dai pediatri di base, al 118, agli ospedali centri di riferimento con terapie intensiva) garantisca un soccorso adeguato sotto ogni profilo alle esigenze dei bambini. Una rete senza più buchi, la cui definizione inevitabilmente viaggia di pari passo con il riordino dei punti nascita e la chiusura di quelli al di sotto dei 500 parti l’anno, tematica sensibile direttamente affrontata ieri dalla ministra. «Non dimenticherò mai l’immagine di quei genitori – ha esordito la Lorenzin, che allora criticò duramente la sanità siciliana – io in quel periodo ero incinta. Anche mia figlia (nata nello scorso giugno insieme con il gemellino, ndc) ha avuto complicanze alla nascita come Nicole. Ma lei è viva, Nicole no. Ci sono situazioni imponderabili, ci sono invece casi in cui qualcosa non viene fatto. Dopo quella vicenda ho chiesto a tutti i soggetti interessati di darmi indicazioni sulle procedure congrue. I punti nascita devono essere sicuri. E per quelli che devono chiudere la decisione non è dettata da motivi economici, ma da ragioni di sicurezza. Io ho scelto un grande ospedale con più di 5000 parti annui e questo ha fatto la differenza. Non sono stata trattata diversamente: sono arrivata alle 11 di domenica mattina in urgenza, ho trovato due giovani bravissime anestesiste. Non tutte le strutture devono avere 5000 parti, ma rispettare parametri di sicurezza per i bambini e le mamme e lo dico in una delle regioni del sud in cui con più frequenza si verificano problemi in questo campo». Diciassette i punti nascita da chiudere in Sicilia, secondo le stime ministeriali: «È stato un lungo lavoro, caratterizzato anche da ispezioni dei Nas negli ospedali. Abbiamo istituito – ha annunciato la Lorenzin – un comitato che vaglierà le eventuali proposte di deroga e le accorderà solo se realmente motivate. Dovrà proporle l’assessorato regionale, ma saranno un’eccezione: che non siano sedici o diciassette su diciotto. E in ogni caso la Regione stessa dovrà garantire sotto la sua responsabilità il rispetto degli standard in caso di deroga. La risposta al bisogno di assistenza e sicurezza non è nel più, ma nel meglio». La ministra ha poi evidenziato la coralità del metodo utilizzato nel definire i lavori del tavolo tecnico, avviato nel febbraio scorso con la partecipazione, oltre ai soggetti istituzionali come Ministero, Regioni, Agenas, anche di tutte le società scientifiche interessate all’ambito pediatrico. I dettagli del Piano sono stati illustrati del direttore generale di Agenas, Francesco Bevere: «Tre milioni sono i bambini che ogni anno accedono al pronto soccorso – ha evidenziato – di cui solo lo 0,5% con codice rosso e il 12% con codice giallo. Con l’assistenza di base garantita dai pediatri h12 (prevista dal Piano, ndc) si consente invece di trattare sul territorio i codici bianchi. Dare delle linee guida significa anche trovare regioni pronte ad accoglierle, ma se si ragiona con campanilismo diventa una battaglia tecnica e politica. Noi non ci stiamo. La rete sarà una soluzione importante a molti problemi: innanzitutto come assicurare tempestività di intervento alle emergenze, un’esigenza straordinaria che richiede riflessioni straordinarie. Un aspetto fondamentale è poi quello della formazione specifica di tutti gli operatori: chi interviene sul bambino deve essere in grado di gestire un’emergenza su questo specifico paziente. Vale per l’anestesista, ma anche per l’operatore della centrale del 118. Spesso, però, il servizio d’emergenza non viene interpellato e i genitori preferiscono mettere il bambino in auto e portarlo direttamente in ospedale. Fondamentale dunque diventa il ruolo di figure come i pediatri di base e le ostetriche». E proprio la presidente nazionale del Collegio delle Ostetriche, Maria Vicario, è intervenuta ieri in conferenza stampa, sottolineando come il ruolo di queste specifiche figure professionali consenta di guidare e orientare in modo diverso le scelte delle donne, in un percorso che dall’assistenza domiciliare a quella ospedaliera oggi ha perso molto del suo fattore umano. Il prof. Paolo Scollo, presidente della Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia, ha ribadito l’importanza del percorso condiviso che ha valorizzato l’apporto delle società scientifiche.

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