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Tutti i paradossi
del carcere

"Una riforma della giustizia deve passare assolutamente attraverso una legislazione più ordinata e un'organizzazione degli apparati più efficiente. Ma deve passare anche attraverso una maturazione culturale di tutti coloro che operano nel mondo della Giustizia''. Lo ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida stamani a Messina parlando dei ''paradossi del carcere'' durante il convegno nazionale organizzato dal coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza all'istituto Teologico San Tommaso di Messina. "Il convegno di oggi - ha aggiunto - è per il quarantennale della legge penitenziaria del 1975 che è stata una tappa fondamentale nell'evoluzione del nostro Diritto. Anche perché l'esecuzione della pena che prima era 'abbandonata' all'amministrazione per la prima volta poi viene regolamentata da una legge che é molto buona è poi l'attuazione di questa legge che presenta molti problemi".

"Non credo sia giusto continuare con una pena che è illegittima nella sua proclamazione e che soltanto in certi casi e in certe situazioni può avere un senso". Lo ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, stamani a Messina parlando dei paradossi del carcere durante il convegno nazionale organizzato dal coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza all'istituto Teologico San Tommaso. "Non credo - ha aggiunto - che la necessità di contrastare la criminalità organizzata con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, renda inevitabile il mantenimento del cosiddetto ergastolo ostativo. La mia posizione sull'ergastolo é cambiata. Ero perplesso anni fa quando ero ministro della Giustizia sull'abolizione perché pensavo che in qualche modo potesse essere utile o necessaria la minaccia di una pena senza fine. Però una pena senza fine può essere valida solo se in concreto è una pena che può educare". "Il sovraffollamento delle carceri - ha concluso - al quale stiamo cercando per fortuna di porre rimedio, lo ha ricordato la corte europea che ci ha condannato per questo, fa si che la pena non rispetti la dignità della persona. Quindi la prima condizione è ridurre il numero dei detenuti. In modo da poter assicurare loro quei fondamenti di dignità che devono essere mantenuti anche nell'esecuzione della pena".(ANSA).

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