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Soppressa la filiale messinese di Bankitalia

 È finita, almeno per ora, come si temeva. La filiale della Banca d’Italia è stata declassata, tra quelle con funzioni residuali “a tempo”, di fatto svuotata di ogni importanza e delle sue funzioni. Messina perde l’ennesimo presidio istituzionale, viene trattata come una delle tante città “ai confini dell’impero” e non, invece, come sede strategica, come porta della Sicilia, come futura Città metropolitana. E non è un caso che Messina sarà proprio l’unica delle Città metropolitane italiane a non avere una sede centrale, e neppure un ufficio “ad ampia operatività” (riconoscimento dato, ad esempio, a Sassari o ad Agrigento per ragioni esclusivamente “politiche”, che dimostrano l’inconsistenza della nostra rappresentanza politica rispetto a quella agrigentina). Ieri il Consiglio superiore della Banca d’Italia ha approvato all’unanimità il piano di riassetto della rete territoriale, da attuarsi nei prossimi tre anni. Il piano prevede il potenziamento dei compiti delle filiali di maggiori dimensioni, l’accentramento di tre divisioni distaccate di vigilanza e la chiusura di 19 «succursali con operatività ormai molto ridotta». Vale la pena soffermarsi un attimo su questo passaggio: è vero che l’operatività della filiale messinese risulta essere ridotta rispetto al passato, ma ci si è chiesto il perchè? La risposta è stata data nei giorni scorsi dai sindacati che si sono mobilitato contro il piano verticistico di Bankitalia: la gestione del contante è stata sottratta a Messina ed è stata data a Catania, scelta che rientra perfettamente in quel contesto di decisioni volte a penalizzare il nostro territorio, sempre più “vaso di coccio” tra la Calabria (a proposito, la filiale di Reggio è stata mantenuta) e i forti interessi “prevalenti” di Catania e Palermo. In altre epoche, quando la politica messinese, nel bene e nel male, contava, fatti del genere non sarebbero mai accaduti. Il piano del governatore Visco, fatto proprio dal Consiglio superiore, prevede, dunque, che entro la fine del 2018 la rete territoriale passerà dalle attuali 58 a 39 filiali. Con la riorganizzazione – si premurano a precisare i vertici di Bankitalia –nessun dipendente perderà il posto di lavoro. Inoltre, secondo quanto riportato nel comunicato stilato al termine della seduta del Consiglio superiore, la «nuova configurazione assicurerà un’equilibrata presenza della Banca nelle diverse aree del Paese». Ma, purtroppo, si dimentica la rilevanza del territorio messinese, l’estensione di una provincia che comprende 108 Comuni, la riforma che sta facendo nascere la nuova Città metropolitana. E ci si contraddice quando si sottolinea che l’intervento organizzativo è coerente con l’evoluzione delle funzioni della Banca: l’aumentato impegno nella vigilanza bancaria e finanziaria, nel contributo al disegno e alla gestione operativa della moneta comune, nell’analisi economica, nella gestione e sorveglianza del sistema dei pagamenti. Se la logica di potenziare le filiali dei 20 capoluoghi di Regione ha un senso, non lo ha la scelta delle filiali “ad ampia operatività”. Perché Brescia, Forlì, Livorno, Pescara, Lecce o Agrigento anziché Messina? Bankitalia ha svolto finora una funzione essenziale nel controllo dei fenomeni dilaganti di criminalità economica e finanziaria in un territorio provinciale, quale il nostro, con i più alti tassi di usura e di racket. I sindacati, comunque, annunciano battaglia contro la decisione del Consiglio superiore, che sarà impugnata davanti agli organi giudiziari.

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