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Ai domiciliari ex finanziere e 2 investigatori privati

tribunale messina

  Contestati peculati e falsi, utilizzazione di segreti d’ufficio, accesso abusivo ai sistemi informatici, presunta corruzione. Il tutto monitorato tra il 2012 e il 2014, durante due anni di accurate indagini e di intercettazioni da parte dei carabinieri. C’è molto, e taluni episodi deprimenti, nell’inchiesta che vede coinvolti, con responsabilità ben distinte, dodici persone tra le quali spiccano, anzitutto, l’ex comandante del Nucleo mobile della GdF, oggi in pensione, Francesco Giusti, e due noti investigatori privati messinesi, Matteo Molonia e Antonino Brigandì. I tre, ritenuti in un rapporto di stretta collaborazione, sono stati posti agli arresti domiciliari dal gip Maria Luisa Materia, su richiesta del sostituto procuratore Alessia Giorgianni. Secondo l’accusa, nel periodo preso in esame, Giusti apparirebbe come un «soggetto che agisce, nelle vesti di pubblico ufficiale, in costante violazione delle regole». Simile giudizio negativo viene formulato dagli inquirenti sulle condotte di Molonia e Brigandì, che vengono definiti come gli «artefici di un sistema corruttivo che desta particolare allarme ». Un ricorso alla corruzione che, sempre secondo l’accusa, per i due indagati, sarebbe «assurto al rango di vero e proprio metodo di lavoro». I due investigatori privati vengono accusati di aver sfruttato i loro contatti con alcuni appartenenti alle forze dell’ordine di cui avrebbero cercato di guadagnare il consenso mediante il ricorso a regalie, cortesie di varia natura, perfino al denaro, per ottenere informazioni riservate da utilizzare nei loro incarichi investigativi. Molonia e Brigandì, per esempio, avrebbero coinvolto direttamente, nelle loro indagini private, il maresciallo dell’Arma, Antonio Scaletti, al punto che quest’ultimo li avrebbe materialmente aiutati nell’installazione di un Gps sull’auto di una persona per effettuare servizi di intercettazione. E il carabiniere, secondo l’accusa, avrebbe anche fornito dati privi d’interesse investigativo, introducendosi nel sistema informatico Ced Interforze. Anche il vice commissario di Pg della polizia, Augusto Sturiale avrebbe fornito agli investigatori privati alcune informazioni riservate, notizie attinte sì in maniera legittima ad alcune banche dati ma «non acquisite dal pubblico ufficiale per ragioni d’ufficio» . Naturalmente, ogni episodio contenuto nelle 82 pagine ordinanza andrà dimostrato nel processo. Anche l’addebito del “tonnacchiolo rosso” venduto a Ganzirri, in cattive condizioni igieniche e, quindi, posto sotto sequestro dall’ex luogotenente Giusti: una parte di esso, però, non sarebbe stata consegnata in beneficenza, alla cooperativa che gestiva il servizio mensa all’Istituto Don Orione, ma sarebbe stata dirottata sulla tavola di una persona a lui cara.

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