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La vicenda del liceo
Archimede, parlano
professori e studenti

Ieri, come ogni mattina, vespe e motorini hanno popolato il marciapiede davanti al cancello del liceo Archimede. Questa volta, però, il trillo della “solita” campa - nella del lunedì, ha dato via ad una settimana che per lo storico istituto di viale Boccetta avrà un sapore diverso dalle altre. Il perché sta tutto nella notizia pubblicata domenica sulle pagine della “Gazzetta del Sud”: la vicenda riguarda il presunto episodio di abusi sessuali ai danni di una studentessa, da parte di due compagni di classe, attualmente agli arresti domiciliari. Il fatto, balzato anche sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, ha innescato un prevedibile, e per certi aspetti inevitabile, vespaio di reazioni. Non solo nell’opinione pubblica, ma anche all’interno della comunità scolastica. Microcosmo quest’ultimo, che come si evince dal tenore delle “confessioni” sussurrate, è apparso profondamente scossa dall’accaduto, in ogni sua componente: studenti, genitori, professori. Sebbene i più preferiscano non esporsi perché «c’è in corso un’indagine della magistratura» e dunque «per avere chiarezza è prima necessario che la giustizia faccia il suo corso», c’è chi, soprattutto tra i ragazzi, si dice certo «che la piena verità non verrà mai a galla. Solo loro tre (la vittima e i due presunti aggressori, n.d.r.), sapranno come sono andate realmente le cose». Insomma, all’angolo tra il trafficato “viale dei tir” e l’altrettanto caotico viale Regina Margherita, la linea che si segue è quella del “low profile”. E tuttavia, neanche l’assordan - te rumore dei bisonti delle strada è sufficiente a coprire i bisbigli e i commenti di quanti, conoscendo in modo più o meno diretto i protagonisti del fatto, propendono da una parte o dall’altra. Posizione non semplice quella dei docenti, la maggior parte dei quali ha preferito “allinearsi” a quanto dichiarato qualche giorno fa dalla dirigente scolastica, Maria Flavia Scavello. «È una vicenda molto delicata –ha ribadito ieri un professore –e certamente non siamo nella condizione di poterci esporre». Ma com’è ovvio che sia se ne parla, e anche tanto. Più intransigente il punto di vista di un’altra docente, mostratasi particolarmente infastidita dall’effetto mediatico della notizia: «Sono state dette delle sciocchezze», ha affermato con sicurezza, non dandoci però modo di capire quali, a suo avviso, siano le ragioni delle eventuali inesattezze: «Non ho nient’altro da commentare, dico solo che prima bisogna conoscere bene le dinamiche ». Esattamente ciò che abbiamo provato a fare sostando per l’inte - ra mattinata fuori dall’istituto e cercando di “intercettare” gli umori, altalenanti, del popolo scolastico. Breve ma efficace la dichiarazione di un altro insegnante: quest’ultimo pur rammentando a sé stesso, prima ancora che a noi, «che le autorità competenti stanno lavorando per fare luce sull’episodio», ha aggiunto: «Bisogna capire veramente bene come siano andate le cose…». Atteggiamento altrettanto cauto quello mostrato da buona parte degli studenti, interessati, prima di ogni altra cosa, a tutelare il nome della scuola: «È una vicenda grave – ha spiegato Paolo Pino, rappresentante degli studenti –che non deve però coinvolgere la stabilità dell’istituto. Questo edificio deve essere considerato, come sempre, una realtà didattica di prestigio della nostra città. Il rischio è che, in un periodo come questo, qualcuno cerchi di strumentalizzare la situazione». Il “periodo”, come ci ricordano le settimane di “open day” da poco concluse, è quello di iscrizione agli istituti superiori da parte degli alunni delle scuole medie che devono proseguire il percorso di studi. «Tutto ciò –aggiunge Fabrizio, anche lui rappresentante studentesco – potrebbe danneggiare molto l’immagine dell’Archime - de. Non si può fare di tutta l’erba un fascio». Non mancano al tempo stesso i ragazzi, ma soprattutto le ragazze, che definiscono «gravissimo quanto accaduto» e che affermano di considerarsi «shoccate. Di solito, storie di queste tipo ci capita di sentirle in tv perché si verificano in grandi città come Milano. Mai avremmo pensato alla nostra scuola». Tra i cui corridoi intere generazioni di giovani sono cresciuti a pane e matematica. Un’eredità di valore che gli studenti dell’Archi - mede, apparsi in questa circostanza più razionali dei “grandi”, vogliono preservare «perché questa –sottolineano ancora una volta –è una realtà preziosa e non vogliamo che un episodio, ancora tutto da chiarire, rovini la fama costruita in tanti anni». Per il “popolo dei banchi”, dunque, tra tante incognite una sola certezza: difendere il nome dell’Archimede. Sui fatti saranno altri a dover dare risposte. E in una breve nota, la preside dell’istituto, la prof. Maria Flavia Scavello, in relazione alle sue dichiarazioni da noi pubblicate nei giorni scorsi, chiede di precisare che «... nell’incontro telefonico intercorso non ho mai dichiarato di avere “il dovere di tutelare la vittima”. Sia perché rappresentante dell’istituzione scolastica, sia perché come persona sono rispettosa delle indagini giudiziarie al momento in atto, non ho mai pensato di formulare giudizi che individuino vittime e colpevoli. Anzi, insieme ai docenti, sento il dovere di tutelare tutti i soggetti implicati nei fatti. Certa che il termine sia stato usato quale errata sintesi della breve comunicazione ».

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