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Messina, mons. Angelo Ademir Mezzari: «Io vescovo in Brasile, figlio di S. Annibale»

Si sono svolte nei giorni scorsi le celebrazioni in onore del “Santo dei Messinesi”, padre Annibale Maria Di Francia. Un evento vissuto anche con le parole e la testimonianza di vita di mons. Angelo Ademir Mezzari, padre rogazionista. L’8 luglio 2020, Papa Francesco ha conferito a padre Mezzari la nomina di vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di San Paolo, in Brasile, a 63 anni, con 39 di vita religiosa e 35 di sacerdozio. Mons. Mezzari ha ricevuto il ministero episcopale in Brasile ed è vescovo titolare di Fiorentino (provincia di Foggia).

La sua è la storia di una chiamata autentica. Ha frequentato corsi di giornalismo e comunicazioni sociali, ha conseguito la licenza in Filosofia e il dottorato in Teologia dogmatica. In ambito rogazionista ha operato nella promozione vocazionale e nell’apostolato socio-educativo; direttore e redattore della rivista “Rogate”; membro del Consiglio della Provincia San Luca per tre mandati, superiore provinciale per due mandati e, dal 2010 al 2016, superiore generale della Congregazione. Nella Chiesa del Brasile ha collaborato in particolare con la Commissione dei ministeri ordinati e della vita consacrata e nella realizzazione di Congressi vocazionali. Dal 2016, è superiore della Comunità di Bauru e parroco della Parrocchia Nostra Signora delle Grazie, poi la nomina episcopale. Lo abbiamo incontrato in questi giorni trascorsi a Messina.

Eccellenza, quando ha ricevuto la telefonata del nunzio apostolico in Brasile che le anticipava che era stato scelto dal Santo Padre come vescovo di San Paolo, cosa ha provato?

«Paura! È stata una chiamata repentina, io ho chiesto qualche giorno per pregare, pensare e piangere. Sì, ho pianto tanto! Il 23 giugno ho detto sì. Poi il 19 settembre l’ordinazione episcopale, dal cardinale Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, a Criciùma, a pochi chilometri dal mio paese di origine, Forquilhinha, nel Sud del Brasile alla presenza di più di 1000 persone e 15 giorni dopo a San Paolo in Cattedrale».

Cosa è cambiato nella sua vita e nel rapporto con la Chiesa?

«In tre mesi è cambiato tutto. Il religioso che viene nominato vescovo, come dice il Diritto canonico, lascia tutti i diritti e i doveri della propria Congregazione, mantiene solo l’identità spirituale, ma appartiene al Collegio episcopale che sta sotto la guida del Papa. E cambia tutta la vita per una nuova missione. La mia obbedienza è al cardinale e alla Santa Chiesa. Si lascia un progetto di vita, un modo di vivere la fraternità comunitaria».

Da tre anni è, dunque, vescovo ausiliare di San Paolo, una megalopoli.

«La figura del vescovo ausiliare, che è recente nella storia della Chiesa, è dovuta alle grandi metropoli, un vescovo solo non può occuparsi di tutto. A San Paolo, con 12 milioni di abitanti in città e 21 milioni nell’area metropolitana, c’è l’arcivescovo con 7 ausiliari. Io sono vicario episcopale di Ipirangà, un’area storica, universitaria, con milioni di persone, 40 parrocchie, centinaia di comunità ecclesiali, tre scuole di Teologia, case e congregazioni religiose, opere sociali, è un mondo!».

Facciamo un passo indietro, al tempo in cui viene nominato padre generale dei Rogazionisti, che ricordo ha di quel periodo?

«Un bellissimo ricordo, tutta la mia vita è stata rogazionista, dai 12 anni in cui sono entrato nel seminario rogazionista di Criciùma fino ai 62. Sono i disegni di Dio! Io porto con me la vita, la missione, la conoscenza che viene da questa famiglia religiosa. Voglio aiutare questa Chiesa a camminare, ma sarò sempre rogazionista nel cuore».

Quando sono arrivati in Brasile i rogazionisti?

«Negli anni Cinquanta nel Minas Gerais per gestire un orfanatrofio, poi all’interno di San Paolo, come missionari, un piccolo gruppo di sacerdoti come padre Mario La Barbuto e padre Paolo Petrosella. Poi nel ’54-59 hanno aperto il primo seminario per nuove vocazioni, al Sud, dove si trovavano gli emigrati italiani. Io sono tra i primi sacerdoti rogazionisti autoctoni».

Il suo nome e cognome sono italiani come la sua origine.

«Sì, completamente. Porto il nome Angelo di mio nonno, i miei bisnonni erano italiani, sia di mamma che di papà, originari di Verona, Belluno, Bergamo, Brescia. Il nonno Mezzari è nato in Brasile ma i suoi fratelli in Italia. Nel 1886 arrivati in America latina hanno fondato una città, la Nuova Venezia. Quando ero Padre Generale in Italia tra il ‘9 e il ‘95 sono andato alla ricerca dei parenti italiani con cui si erano interrotti i rapporti tra la prima e seconda guerra mondiale, ho fatto un cammino a ritroso come il Papa».

Una parola su Papa Francesco.

«Siamo orgogliosi di questo Papa che ha portato la sua esperienza ecclesiale dell’evangelizzazione dell’America Latina e del Brasile, paese fra i primi ad applicare il Concilio Vaticano II . È una Chiesa che risponde alle sfide di oggi, annunciare Gesù Cristo a fianco dei più poveri, in piena unità e comunione con il Papa, nella riscoperta profetica della sinodalità. È molto amato papa Francesco dalla gente e parla un linguaggio con cui comunica con gli ultimi».

E Giovanni Paolo II?

«Ha lasciato segni bellissimi in Brasile che ha visitato due volte, io ero novizio nell’80 quando venne la prima volta a San Paolo. Anche Papa Benedetto nel 2007 è stato alla conferenza di Aperecida, tutti i Papi in Brasile sono amati. Giovanni Paolo II ha segnato tantissimo la Chiesa, con la sua presenza, il magistero, i documenti. Lui era amatissimo, parlava il portoghese, quando venne qua era giovane, dinamico, testimone forte e ardito della potenza di Cristo e poi è legato al nostro padre fondatore che ha canonizzato».

Proprio il 16 maggio 2004 si celebrò il giorno della canonizzazione di sant’Annibale, che ricordo ha di quel momento?

«Ero padre provinciale, fra i pochissimi che hanno salutato il Papa, Giovanni Paolo II, a cui ho baciato l’anello, quella foto la porto sempre con me; lui, con tutta la malattia, era vicino e presente, per noi Rogazionisti e suore in un momento importantissimo che diffondeva la santità luminosa del Padre e che noi, così giovani, eravamo felici di vivere! Ricordo bene quella mattina a Roma, c’era il sole e ogni volta che vado in piazza San Pietro ci penso con commozione».

Che rapporto ha con Messina?

«È sempre bello arrivarci con il traghetto, con quell’immagine stupenda di mare che sempre colpisce il cuore. La terra di Sant’Annibale! Sono tornato da vescovo a Messina, alla fonte della storia rogazionista, per ringraziare e chiedere l’ intercessione del Fondatore, rivedere i confratelli, il mare unico e i messinesi, dal cuore grande».

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