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Messina, addio a Padre D'Arrigo: storico cappellano della Vara. Le reazioni

Le esequie saranno celebrate giovedì 11 maggio alle 16 in Cattedrale. Domani sera alle 21 veglia di preghiera nella chiesa dell'Annunziata.

È morto stamattina alle prime luci dell'alba mons. Vincenzo D'Arrigo, storico cappellano della Vara. Con lui se ne va un pezzo di messinesità racchiusa in quel "Viva Maria" gridato a gran voce, ma soprattutto a gran cuore, ai piedi del cippo dell'Assunta. Classe 1930, padre D'Arrigo, alla guida della comunità dell'Annunziata per più di mezzo secolo, è stato uno dei parroci piu longevi della città. Un padre, un fratello, un amico, un sacerdote di strada che si è sempre posto in prima linea per il bene della sua amata comunità, il popolo dell’Annunziata, in un territorio di confine carico di criticità, che non ha mai fatto mancare al suo pastore l’affetto e il calore di una vera famiglia.  Le esequie saranno celebrate giovedì 11 maggio alle 16 in Cattedrale. Domani sera alle 21 veglia di preghiera nella chiesa dell'Annunziata.

Nel 1965 la prima messa all'Annunziata

Era il 4 agosto 1957 quando Vincenzo, a 27 anni, veniva ordinato sacerdote insieme ad altri nove compagni, dall’arcivescovo Angelo Paino nel cortile del Seminario Arcivescovile. Dopo alcuni anni come vicario parrocchiale a S. Pier Niceto e a S. Caterina, il 10 ottobre 1965 giungeva nella vallata dell’Annunziata per celebrare la prima messa in quella che sarebbe stata la sua casa fino alla fine. Nel 2005 viene nominato da Papa Benedetto XVI Cappellano di Sua Santità e nel 2014 entra a far parte del Capitolo Protometropolitano della Cattedrale come Canonico. Un ministero generoso e coraggioso il suo, caratterizzato da un grande impegno civico: tante le battaglie portate avanti con la sua gente e per la sua gente, sempre pronto a dialogare con le istituzioni per il bene comune. Dalle battaglie per lo sbaraccamento di villaggio Matteotti a partire dal 1977, al ritrovamento dei corpi della famiglia Carità morta nell’alluvione del 27 settembre 1998, alle tante opere di misericordia verso coloro i quali si fermavano in fondo alla piccola chiesa parrocchiale, sempre aperta in segno di costante accoglienza. Fiero nella statura evidenziata dalla talare nera che era solito indossare, con quelle mani enormi che sembrano raccontare la sua infinita generosità, “monsi” come lo chiamavano molti, era solito scorgere dal finestrone dell’ufficio parrocchiale chiunque arrivasse da lui per una richiesta d’aiuto, un consiglio o una semplice parola di conforto. Entrando, inevitabilmente lo sguardo andava subito alla parete di fronte la sua scrivania con il calendario della sua amata Juventus, la foto di mons. Angelo Pajno e l’immagine di un orologio senza lancette con la scritta “La carità non ha ore”.

Le reazioni di chi lo conosceva

“Non è possibile racchiudere l’umanità e il suo innato senso di carità in poche parole: lui non era solo il cappellano della Vara, ma un uomo e un ministro di Dio fuori dagli schemi convenzionali”. La prima delle infinte testimonianze di sacerdoti, amici e parrocchiani giunte poco dopo la notizia della morte di padre D’Arrigo è di don Alessandro Marzullo, nato e cresciuto all’Annunziata, che lo ha affiancato nel ministero di parroco dal 2009 al 2012; di lui ricorda il bene incondizionato che sapeva dispensare. “Non c’era un medico fra le sue conoscenze al quale non chiedesse aiuto per curare chi ne avesse bisogno, era pronto a tutto per la sua gente”, racconta don Marzullo ricordando quella volta in cui si mise a dipingere con l’aiuto di alcuni parrocchiani le strisce pedonali sul tratto di strada di fronte all’ingresso della chiesa per indurre i mezzi a fermarsi per fare attraversare le persone.

A raccogliere la sua eredità, dopo 54 anni di ministero parrocchiale, è stato mons. Gaetano Tripodo: “Un uomo forte, deciso, attento alla cura delle persone; il villaggio dell’Annunziata è legato a padre D’Arrigo in maniera indissolubile”, ha dichiarato il sacerdote, che sin dal primo giorno ha voluto lavorare “in continuità pastorale con il suo successore”. Tra i confratelli sacerdoti un altro parroco storico, mons. Tonino Schifilliti, che ha conosciuto padre D’Arrigo a S. Elena dove si è formato spiritualmente, ricorda di lui la tenacia con la quale “ha voluto edificare giorno per giorno, non solo materialmente, la chiesa parrocchiale che chiamava la sua bomboniera”; si deve a lui l’apertura dell’asilo parrocchiale dove negli anni sono stati accolti tanti bambini di famiglie bisognose.

Dallo storico amico, l’architetto Nino Principato, che ha condiviso sui social alcune foto storiche del cammino vocazionale del sacerdote, al devoto Franco Trimarchi che, insieme a Giovanni Ardizzone e Gustavo Ricevuto presidente del Club John Charles del quale padre D’Arrigo era uno dei soci fondatori, ha condiviso con lui l’amore per la Juventus: “Puru quannu piddemu semu sempri i megghiu”, diceva. La sua prima volta in aereo era stata per andare con loro a Torino per assistere a una delle finali storiche della squadra. “Era una guida carismatica e sapiente, un dispensatore d’idee e suggerimenti”, ha dichiarato con la voce rotta dal pianto Ricevuto, appresa la notizia.

 

 

 

 

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