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Messina, il mitico “Ganga” Bruni e il suo legame con lo Stretto

Velista d’arte, coach dei campioni olimpici, di origini palermitane ma cresciuto con davanti il mare di Paradiso

«I nostri genitori sono stati i nostri primi supporter e papà ci disse chiaramente, dopo i primi risultati, che l'importante era fare quello che ci rendeva appagati e felici. Oggi le stesse cose le dico ai miei figli ». Ha portato alla nostra Italia che sa emozionare con lo sport la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Tokyo nelle vesti importanti di coach guidando Ruggero Tita e Caterina Banti. Un oro, quello conquistato dagli azzurri, arrivato al termine di un entusiasmante percorso, concluso con la regata finale nella classe del catamarano misto foiling Nacra 17. Ma pochi sanno che il palermitano Gabriele "Ganga" Bruni, velista d'arte, ha forti legami con lo Stretto e con il magnifico borgo marinaro di Paradiso. Lì, dove la poetessa Maria Costa, rimembrando dolcemente i passi messinesi di Pascoli, declamava i suoi versi davanti allo sciabordio delle onde nel suo magnifico rifugio delle case basse che non ha mai voluto abbandonare: «La nostra famiglia – ha raccontato Bruni – è legatissima a Messina e quando ne parliamo lo facciamo come se fossimo davvero originari di lì. Papà, ex studente del liceo Maurolico, ha vissuto nella città dello Stretto da quando aveva 14 anni fino ai 25. Ha studiato ingegneria sempre nella città peloritana e poi ci è tornato con noi per lavoro. E vivevamo, neanche a farlo apposta, proprio sul mare». Gabriele, che ha respirato aria messinese fino ai 4 anni, è nato in una famiglia di appassionati velisti: mamma Giada è stata campionessa di Finn, barca in legno creata nel 1950, lunga 4 metri e mezzo, e papà Ubaldo tuttora gareggia con il Dinghy, una piccola barca a vela da regata. E quando convolarono a nozze, alla macchina avevano appeso il loro mezzo speciale che li univa, la barca, e che li avrebbe portati a suggellare una luna di miele speciale con una regata.
«Quando i miei iniziarono non si viveva di vela e rappresentava principalmente un hobby. Io e mio fratello Francesco iniziammo con un corso di vela estivo, ci appassionammo e cominciammo a fare agonistica. Il primo passo da professionisti fu quando, durante il periodo della leva obbligatoria, fummo scelti dalle fiamme gialle per  far parte dei loro gruppi sportivi. Era un sogno che si concretizzava, perché non solo riuscivamo a vivere di questo, ma si aprirono le porte delle olimpiadi. E lo ricordo come se fosse ieri. Furono nel 2000 a Sydney. Io e mio fratello Checco eravamo tra i favoriti, non andò benissimo, ma si aprirono le porte di questo mondo e di fatto decidemmo di lasciare gli studi. Io quelli di Giurisprudenza e Francesco quelli di Ingegneria, per fare i velisti a tempo pieno. E anche il mio terzo fratello, Marco, fa parte di questo mondo perché costruisce vele». Per Gabriele Messina ha delle potenzialità pazzesche che però non ha mai sfruttato pienamente, anche se la "Middle Sea Race", regata organizzata da Malta, ha il pregio di far conoscere le nostre bellezze a livello internazionale. «La città dello Stretto potrebbe fare regate – puntualizza – e iniziative legate alla vela davvero entusiasmanti, ed è un peccato, e lo dico con rammarico e non con cattiveria, perché un luogo che si presterebbe. Io credo che manchi la cultura velica fatta in un certo modo e forse ci vorrebbe un club che si metta davvero a fare qualcosa in più. Tentando di rivoluzionare tutto. E lo dico anche al sindaco, con delle regate fuori stagione è possibile riempire alberghi e ristoranti. E dare nuova linfa alle belle città affacciate sul mare , supportate dal vento, che devono assolutamente sfruttare le potenzialità che il mare offre dando vita a quel famoso turismo destagionalizzato di cui parliamo sempre ricordandosi che gli armatori delle barche a vela sono le persone più ricche del mondo».

Una sfida che potrebbe essere portata avanti da Bruni, esperto naturale del settore, che ricorda ancora con emozione il gradino più alto del podio giapponese: «Ci avevo provato da atleta e quando la federazione vela mi chiese di allenare le squadre olimpiche accettai con entusiasmo anche se fino a quel momento avevo avuto dei buoni risultati nel medesimo ruolo solo con i giovanissimi. A Rio de Jainero abbiamo sfiorato la medaglia, poi con Tokyo mi sono davvero ripreso una grande rivincita mettendoci tutto me stesso e trovandomi a scegliere quale equipaggio portare». Allenamenti fatti a Marina di Ragusa, causa covid, che ha sostituto il campo di allenamento di Enoshima: «Nella vela bisogna conoscere le caratteristiche del posto e non potendo andare fuori per la Pandemia mi sono reso conto che il luogo "fortunato" era per me davvero proprio l'angolo. Ed è lì che per sei mesi ho fatto base per gli allenamenti. Chicca che pochi sanno». E “Ganga” con i suoi 5 titoli mondiali, 5 titoli europei, 58 podi in tappa di coppa del mondo, solo per citarne alcuni, sogna ancora in grande. «Mi piacerebbe provare ad allenare – conclude – e vincere con un team di coppa America, seguendo un po’ le orme di Francesco, timoniere di Luna Rossa. Ai messinesi invece dico di darsi da fare per organizzare delle manifestazioni. Partendo magari da una bella regata annuale che faccia risplendere i paesaggi mozzafiato dello Stretto».

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