Ha creato una “food forest”, una foresta commestibile tutta siciliana con piante e alberi tropicali, ortaggi e un uliveto centenario. Il tutto senza uso di pesticidi né agenti chimici. Stefano Lo Duca, ex rugbista, classe 1986, ha fatto una scelta controcorrente, lasciando una possibile comoda vita con il camice bianco, per abbracciare la terra e tutto quello che ti regala. Mandorle, maracuja, avocado, mango, ginseng hindou, zenzero e karkadè. Solo per citare qualcosa.
«Sono figlio di due culture – racconta Stefano – e già forse questo mi ha plasmato. Mio papà Antonio Maria è milazzese, mentre mia mamma Marie-Anne è camerunense. La loro storia, prima di amicizia e poi d' amore, è nata a Parigi, e dalla loro unione siamo nati io e mio fratello Nicola. E i miei hanno scelto volutamente di farci crescere qui e le radici sono sempre rimaste ben salde».
Stefano, però, non pensava minimamente che il suo futuro sarebbe stato l'orto, anche se in casa si è respirata sempre un'aria particolare, “green”: «Mio papà ha creato a Milazzo il primo albergo ecosostenibile in Italia e nel 2002 abbiamo vinto anche il premio nazionale per l'ambiente "Gianfranco Merli" per aver utilizzato interamente materiale ecologico, ecompatibile e biologico sia nella ristrutturazione dell' edificio sia nella fornitura dei servizi al cliente. E l' utilizzo di energie rinnovabili. La struttura l'abbiamo venduta ma è ancora in piedi. E ora Papà da dieci anni sta portando avanti un altro progetto molto bello: costruire una seconda casa sempre eco-sostenibile, e si spera, che presto, sarà ultimata ».
L'amore per l'ambiente, dunque, permeava le mura domestiche, il giovane, però, è volato in Galles per studiare chiropratica: «Ho sempre cercato il mio posto felice, o meglio qualcosa che mi rendesse davvero appagato. Ma inizialmente, probabilmente, ho cercato di assecondare le aspettative altrui. E ho cominciato a studiare chiropratica, una pratica diversa dalla medicina tradizionale, che si concentra sulla diagnosi e successivamente sul trattamento delle malattie del sistema muscolo- scheletrico, ma non ho mai completato gli studi. E oggi sorrido se penso alle "manipolazioni" che ho completamente abbandonato. All’estero ho capito che la mia terra mi mancava davvero tanto e così è maturata l'idea che dovevo fare altro, intraprendendo una nuova strada. A costo di sembrare un po' folle».
Ed è così che è nata l'idea di investire in maniera diversa la cosa più preziosa che abbiamo, il tempo, perché non ci sarà una seconda occasione di rivivere la nostra vita cambiando con un colpo di spugna ciò che non ci rende felice: «Probabilmente un'esperienza di vita – continua – mi ha cambiato completamente la prospettiva. E arrivato a trent'anni, una perdita fraterna, prematura, mi ha fatto capire che bisogna vivere giornalmente inseguendo la propria felicità». E la mente vola all'estate di tanti anni fa, al mare di Vulcano, meta felice per trascorrere le vacanze dopo i 9 mesi sui banchi di scuola.
Ed è lì che si è cristallizzata l'immagine imperitura di Federico Alicata, studente del Seguenza, morto dopo un' immersione fatale a soli 16 anni: «Con Freddie, così tutti lo chiamavano, ci vedevamo tutte le estati nella nostra isola. Il mare era la sua vita e credo davvero che la sua sia una presenza viva nella nostra esistenza. Mi ha insegnato tanto e davvero il suo entusiasmo era contagioso». E l'entusiasmo pervade anche questo progetto che sta prendendo via via forma da sei anni : «Nasce a Capo Milazzo – puntualizza il giovane – con l'obiettivo di migliorare un terreno vergine, mai coltivato in modo intensivo, per produrre alimenti di alta qualità nel rispetto della terra. Ci basiamo su principi fondamentali, come la permacultura, per creare una Food forest, inserendo alberi tropicali, piante perenni e ortaggi stagionali». Il terreno di un ettaro ospita anche la casa dove la famiglia ha vissuto, e l'altra che ha preso vita con i principi di bioedilizia, risparmio energetico e rispetto della tradizione architettonica sicula.
Posto che avrà una funzione speciale: «Non volevo occuparmi della campagna da solo e così ho cercato manforte coinvolgendo chi fosse interessato a scambi culturali. Quindi la casa accoglierà chi sarà curioso di conoscere il nostro territorio e i frutti della nostra terra. Esperimento che abbiamo già testato. Infatti, l'ultima avventuriera è stata una ragazza giapponese. Insomma, questo rappresenta un buon modo per fare scambi culturali e far capire a chi si avvicina a questo mondo agricolo se gli può essere congeniale». Intanto, Stefano non ha rimpianti: «In estate mi sveglio prima dell’alba, e i sacrifici sono tanti – conclude – ma ai ragazzi dico: seguite le vostre passioni. Sempre».
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