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La Vara e i suoi simboli. Il creatore non fu Radese ma Francesco Maurolico

Il significato anche esoterico della “machina”. La data va anticipata rispetto a quella “canonica” del 1535, il progettista fu Polidoro Caldara

Radese fu uno dei depositari della Vara, non l’inventore. Intanto il suo vero nome era Antonino Ravesi, attivo dal 1504 al 1532. Era invece uno dei tanti Magistri o “parrini di la vara” e prima di lui ci fu il suocero D’Alibrando, padre di sua moglie Nicoletta. A lui fece seguito il figlio Franciscus Ravesi pure lui “Mastro de la Vara” citato in un atto del 1521 e quindi suo collaboratore, quindi i generi Giovannello Cortese fino al 1546 e Masi de Santi fino al 1561. In realtà, l’ideatore della Vara fu Francesco Maurolico e progettista il pittore Polidoro Caldara da Caravaggio che realizzerà gli apparati trionfali in occasione dell’ingresso di Carlo V, a Messina, il 21 ottobre 1535.
La Vara, oltre a raffigurare notoriamente l’assunzione della Vergine in cielo in anima e corpo presenta tutta una serie di simbolismi, mai indagati finora, che si rifanno alla cultura anche esoterica che nella Messina del ‘500 aveva quale elemento di spicco l’Accademia della Fucina a carattere segreto ed esoterico, in diretto contatto con Maurolico. Intanto, il Sole e la Luna che, oltre ad essere simboli alchemici perché nella trasmutazione alchemica della materia il Sole è l’elemento oro e la Luna quello argento, sono le caratterizzazioni teologiche della Vergine Maria come scrivono San Bernardino da Siena (1380-1444): “Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole” e San Bernardo da Chiaravalle (1090 - 1153): “…giaci volando fuori i tuoi piedi sulla luna cioè la Chiesa, a sé mediatrice presso il sole di giustizia…”.
Sole e Luna col loro meccanismo di movimento presenti già in una tavola a tempera dal titolo “Il trionfo del tempo” del 1480-85 di Jacopo del Sellaio (Firenze 1442-1493) custodita a Fiesole. Al “Trionfo del Tempo” si accompagnano, secondo la concezione petrarchesca, gli altri 5, Amore, Pudicizia, Morte, Fama ed Eternità presenti nel poemetto “I Trionfi”. Ed è probabilmente proprio da questo dipinto che Maurolico e Polidoro trassero ispirazione diretta per la composizione della Vara e del suo meccanismo, il che fa retrodatare la “machina” messinese a prima del 1535.

La composizione della Vara

L’intera composizione della Vara ha come disegno il pentacolo stellare. Simbolo religioso riscontrabile in tutte le epoche e civiltà, simboleggia la riproduzione del cosmo quale processo creativo con l’evoluzione e manifestazione delle forze divine a fondamento della formazione dell’Universo. È la fusione tra due mondi, il materiale (microcosmo) e lo spirituale (macrocosmo) al cui centro sta l’uomo, la più perfetta tra le creature. L’iconografia cristiana utilizza la stella a cinque punte anche quale riferimento alle cinque ferite di Cristo crocifisso. Le 5 punte del pentacolo simboleggiano i 5 elementi metafisici della terra: fuoco, acqua, aria e spirito. Il pentacolo stellare venne applicato nella costruzione della Vara e unisce quelli che sono gli elementi dell’Universo trasposti nelle figurazioni simboliche della machina devozionale cinquecentesca: alla terra corrisponde uno dei quattro pilastri nella piattaforma del “cippo”, in basso (materia); al fuoco corrisponde l’altro pilastro, ancora in basso (materia). Questi due elementi non potevano che accogliere la scena della “Dormitio Virginis”, cioè il corpo materiale della Madonna dormiente. All’aria corrisponde il sole e all’acqua la luna, elementi di mediazione fra di loro complementari, fonti di vita, legati però ancora alla Terra che nella Vara sta fra di loro, al centro (materia che anela allo spirito). Allo spirito, infine, non poteva che corrispondere l’”Alma Maria”, tutt’una col Cristo, inondata di luce e già nell’Empireo (spirito). Pentacolo stellare che ha la punta-vertice in alto, simbolo di ascensione spirituale opposto al pentacolo rivolto in basso, simbolo terreno e in cui si può inscrivere il volto del Caprone-Satana.

L'angioletto della Vara

Un’ultima notazione la merita un angioletto della Vara, l’unico che rivolge le spalle ai fedeli. Secondo la tradizione ebraica, e poi cristiana, gli angeli sono organizzati in tre gerarchie, i “cori angelici”, presenti tutti nella Vara: prima gerarchia, Serafini, Cherubini, Troni; seconda gerarchia, Dominazioni, Virtù, Potestà; terza gerarchia, Principati, Arcangeli, Angeli. Questi ultimi appartengono all'ordine più basso, sono i più vicini all’umanità e risiedono nello spazio cosmico più prossimo alla Terra, quello della Luna. Dante, nella Divina Commedia, descrive il Paradiso diviso in 9 cieli secondo il sistema cosmologico aristotelico-tolemaico. Al culmine vi è l'Empireo dov’è Dio circondato dagli angeli e dalla “Candida Rosa” dei beati. L’angioletto che nella Vara volge le spalle vuole ricordare simbolicamente Satana Arcangelo del male, a volte indicato come Lucifero (“portatore di luce”) e cioè il Serafino più bello, più splendente e più vicino a Dio che però, proprio per questa sua vicinanza, credette d'essere non solo come Dio, ma più potente dell'Onnipotente stesso, peccando così di blasfema superbia e ribellandosi a Lui. Nella Vara è in punizione e sta, perciò, in un raggio della Luna, lontano dal Sole.

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