"Si è fatto un film su Chiara Ferragni, se potrebbe fare uno su Dante Alighieri, della cui morte il prossimo anno ricorre il 700^ anniversario!". Si è aperta con una piccola provocazione rispetto alle scelte produttive del cinema italiano l'inusuale, appassionata prolusione "non convenzionale" del regista Pupi Avati alla cerimonia inaugurale dell'anno accademico 2019-2020 dell'Ateneo di Messina.
Sopra le righe, fuori dagli schemi l'emozione di un uomo di cultura che a 81 anni "ha ancora necessità di dire cosa è la vita". E alla vita di Dante il grande maestro ha dedicato la parte iniziale del suo intervento leggendo l'incipit della sceneggiatura del film che vorrebbe realizzare ("ma forse non lo farò mai, il si' viene continuamente rimandato dopo tante promesse") sulla tormentata esistenza del Sommo Poeta, nella quale "l'appalesarsi della poesia avviene attraverso la sublimazione del dolore".
Passione e talento. "Ogni essere umano ha il diritto di dire chi è, cercando e trovando il proprio talento. Cercate il vostro talento e non fate come me che mi sono sempre basato sulla passione". Trenta minuti di emozione pura, lezioni di vita e di coraggio con il maestro Pupi Avati, mostro sacro della cinematografia internazionale, che tra battute e siparietti con il pubblico e il corpo accademico, "interrogato" in letteratura italiana e geometria, ha inaugurato l'anno accademico dell'Università di Messina con una prolusione che ha toccato il cuore di tutto il pubblico presente al teatro Vittorio Emanuele.
Con leggerezza, tra ricordi degli anni '50 e episodi di vita vissuta che diventano paradigmi senza tempo, il grande regista ha evocato i valori profondi dell'esistenza umana, descrivendola come una ellisse che inizia e finisce nello stesso punto, senza soluzione di continuità, con la spontaneità, la vulnerabilità e la capacità di stupirsi di un bambino che diventa anziano e ritorna bambino, senza smettere mai di pensare che tutto sia per sempre.
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