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La Storia riemerge a Messina: trovate 6 tombe d'età ellenistica al cantiere della "Torre" - Foto

L’ultimo lembo della Storia che emerge dall’oblìo. Le viscere ancora sconosciute degli Orti della Maddalena, propaggine a lungo sondata e studiata in questi decenni sul piano archeologico, restituiscono ancora altri tesori. In quella che viene chiamata necropoli sud d’età ellenistico-romana di Messina, sono venute alla luce altre sei tombe di quel tempo.

In questo caso si tratta del cantiere della cosiddetta “Torre”, all’isolato 96, sito tra la via degli Orti, via Cesare Battisti e via Aurelio Saffi a Messina. Un progetto dagli architetti Sergio e Pasquale La Spina e dall’ing. Salvatore La Galia. In particolare lo scavo si sta effettuando in un lotto di terreno sulla via Cesare Battisti, proprio all’isolato 96. Uno scavo, con i fondi messi a disposizione della ditta, che è stato curato in questi mesi dalla sezione Beni archeologici, diretta dall’arch. Giuseppe Natoli, e coordinato dalla Soprintendenza ai beni culturali, diretta da Mirella Vinci.

E che materialmente è stato effettuato con grande pazienza e competenza, senza mezzi meccanici, dalle archeologhe della Soprintendenza Maria Ravesi e Giusi Zavettieri; c’è anche un’archeologa-disegnatrice, Marta Venuti, messa sempre a disposizione dalla ditta costruttrice. Sono state scoperte sei tombe che sono cronologicamente ascrivibili al II secolo a.C. circa.

E sono state riscontrate diverse tipologie di sepolture. È per esempio attestato il rito dell’inumazione, con individui deposti in fosse terragne o in casse di mattoni, con il cranio orientato a Est, e anche il rito dell’incinerazione con il rinvenimento di bustum. È stato recuperato anche un corredo funerario, con alcuni pezzi anche parecchio importanti. È prevalentemente costituito da unguentari fusiformi, una tipologia molto ricorrente nelle tombe di età tardo ellenistica. E c’è da segnalare anche il rinvenimento di una lucerna, di una coppa megarese (un bel “pezzo”) e di un’ampolla vitrea.

La scoperta non deve stupire considerato che l’importanza archeologica di questa zona oggi intensamente urbanizzata, corrispondente all'area di sviluppo della grande necropoli di età ellenistico-romana lungo la strada che conduceva a Catania, si evidenziò fin dagli anni della ricostruzione post-terremoto. Fu Pietro Griffo, negli anni Trenta, a pubblicare i primi lotti di reperti fortunosamente recuperati durante i lavori di realizzazione della caserma Zuccarello, tra gli Orti della Maddalena e la via S. Cecilia.

Da allora è stato sempre un continuum di scoperte, ogni volta che si è demolito e costruito. Basti pensare alle tombe a camera affiorate nell’area dell’isolato 73 e a Largo Avignone, e alle moltissime sepolture rinvenute durante gli anni 80 e 90, tutte seppellite all’interno di un deposito archeologico pluristratificato, frutto del naturale e progressivo accumulo dei depositi alluvionali delle fiumare Zaera e S. Marta.

 

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