L’importanza di una “straordinaria ordinarietà”, o di una “ordinaria straordinarietà” per sconfiggere davvero la mafia.
Le parole del presidente emerito della Corte Costituzionale, Gaetano Silvestri, sintetizzano alla perfezione il messaggio contenuto nel libro “La mafia dei pascoli”, scritto dal giornalista di Gazzetta del Sud Nuccio Anselmo con Giuseppe Antoci.
Colui che, da presidente del Parco dei Nebrodi, nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 è stato bersaglio di un attentato mafioso.
Proprio lì, nel cuore dei Nebrodi, l’auto blindata crivellata di colpi di fucile e due molotov pronte a esplodere.
Uno di quegli attentati che sembravano appartenere ad un’altra epoca, quella della mafia stragista culminata con le morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
E che invece si riaffaccia, avida degli affari miliardari possibili coi fondi europei per l’agricoltura, non solo nelle campagne della provincia messinese. “La mafia dei pascoli”, edito da Rubbettino, è stato presentato stamattina al teatro Vittorio Emanuele di Messina.
Evento a cui hanno partecipato, arricchendolo di contributi, il prefetto Maria Carmela Librizzi, il questore Mario Finocchiaro, il direttore responsabile di Gazzetta del Sud Alessandro Notarstefano, il presidente della Giunta Anm di Messina Maria Militello, l’editore Florindo Rubbettino, con gli interventi del direttore editoriale di Gazzetta del Sud, Lino Morgante, e del presidente dell’Ordine degli avvocati Vincenzo Ciraolo, e le letture emozionanti di alcuni brani del libro da parte dell’attore Ninni Bruschetta.
Durante l’incontro, moderato da Francesco Musolino, si è affrontato, certo, il tema della mafia nella provincia di Messina e di quanto il protocollo di legalità, chiamato Protocollo Antoci proprio perché nato sulla spinta dell’azione di legalità del presidente del Parco, abbia inciso in quella che lo stesso Antoci ha definito “una partita vinta, in un campionato che resta comunque lungo”.
Ma si è parlato anche della genesi di queste pagine, scritte da Anselmo col piglio del cronista che si è ritrovato, ad un certo punto, a vestire i panni del confidente, in una fase in cui Antoci ha visto stravolgere la propria vita e quella dei suoi familiari (“un cronista porta sempre tutto dentro, scrivere è il modo migliore per liberarsi”).
Si è parlato dei segnali che è sempre più necessario lanciare ai giovani partendo proprio da questi esempi. Ed è stato ribadito, più volte, con una forza perentoria, il valore della normalità. Per dirla con Antoci, “questa terra non ha bisogno di eroi, ma di normalità. Fare il proprio dovere deve essere normale”.
Uno speciale domani sulla Gazzetta del Sud in edicola.
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