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Agnese Moro alle scuole di Messina: dal dolore alle parole del dialogo

“La giustizia riparativa è uno spazio in cui il dolore degli uni e degli altri può essere visto, toccato e riconosciuto. Dove i responsabili possono toccare il dolore che hanno provocato e capire davvero che cosa è avvenuto. Dove chi ha subito quel torto può rendersi conto che si trova di fronte a una persona la cui umanità non è stata destrutturata dalle scelte sbagliate e dal male fatto… Insieme abbiamo disarmato il dolore dopo aver disarmato noi stessi. Dai pregiudizi, dalle certezze, dal desiderio di avere ragione, di difendersi e giustificarsi, di ricambiare il male”. Parole forti quelle pronunciate da Agnese Moro figlia di Aldo, statista e leader della Democrazia Cristiana rapito e ucciso dopo 55 giorni, il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse, protagonista stamattina al Palacultura “Antonello” dell’incontro con studentesse e studenti delle scuole cittadine.

Consapevolezza, giustizia, memoria, condivisione, ascolto: sono queste le “Parole del dialogo” che i ragazzi hanno scelto per intessere con la scrittrice e giornalista un intenso dibattito nel quale sono emersi tanti spunti di riflessione su un tema, quello della giustizia riparativa, la cui disciplina organica è stata introdotta in Italia a seguito del decreto legislativo 150 del 2022 e della successiva attuazione della legge 134 l’anno successivo, che costituisce “un paradigma che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo”.

L’evento in rete “Le parole del dialogo”, voluto in occasione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo che si celebra il 9 maggio, ha visto coinvolti gli Istituti comprensivi “Paino Gravitelli” diretto da Domizia Arrigo, “S. Margherita” diretto da Fulvia Ferlito, “S. Francesco Di Paola” diretto da Renata Greco, “La Pira Gentiluomo” diretto da Luisa Lo Manto e “Pascoli Crispi” diretto da Giusy De Luca in un percorso di approfondimento del contesto storico, politico e sociale degli ultimi trent’anni del ‘900 (i fermenti sociali, le tensioni politiche, i movimenti di contestazione sino alla violenza del terrorismo) e della comprensione della giustizia riparativa attraverso l’analisi della Costituzione italiana e dei testi di filosofi, statisti e scrittori come Aristotele, Luigi Pirandello, Giorgio La Pira, Albie Sachs.

Nel corso della mattinata, presentata dalla giornalista Rachele Gerace, contestualmente è stata approfondita la conoscenza del percorso e dell’incontro del cosiddetto “Gruppo” che riunisce, oltre alle vittime e ai responsabili della lotta armata, anche i testimoni (come Franco Bonisoli e Adriana Faranda) e i garanti. Un lavoro di grande introspezione, hanno spiegato ragazze e ragazzi, “che si propone di andare oltre il dolore, valorizzando i vissuti e imparando a ospitare quelli di tutti gli altri”. Agnese ha raccontato il suo lungo percorso di ricostruzione assieme ai responsabili della morte del padre. “Una sorpresa, perché nella mia mente loro sono dei mostri senza cuore, senza pietà. Ma le persone non rimangono uguali, non è che se tu hai fatto delle cose orrende poi per sempre dovrai essere una persona orrenda. Dentro di loro c’è qualcosa di diverso da quello che io pensavo”. In quelle persone ha scoperto un dolore infinitamente peggiore del suo, “perché è quello di chi l’ha fatta grossa e non può rimediare e che li fa essere totalmente disarmati nei nostri confronti”. La Moro ha spiegato che “imparare a disarmarsi” è stata per lei la più grande lezione di questo “stare insieme”.

“Ho imparato da loro che se tu vuoi ascoltare qualcuno e poi parlare ti devi disarmare da pregiudizi e rabbia”. Agnese ha poi invitato i ragazzi a riflettere sul valore del dialogo: “Se siamo riusciti a dialogare noi, può riuscirci chiunque e può riuscirci prima che sia necessario perché altrimenti ci ritroveremo con altre espressioni di violenza che non saranno paragonabili a quelle dei nostri anni, ma potranno assumere altri volti; per far questo però - aggiunge - bisogna recuperare nella vita quotidiana, nella politica, la fiducia nella forza della parola. Noi non abbiamo fatto altro che accettare di stare seduti in una stanza e parlarci, anche dirci cose odiose. Le parole cambiano le vite, cambiano le persone”. All’incontro sono intervenuti il provveditore agli Studi Stello Vadalà, l’assessore alla cultura del Comune Enzo Caruso, il direttore della Caritas diocesana padre Nino Basile e l’assistente sociale Maria Baronello in rappresentanza dell’Ordine professionale.

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