In questo sabato mattina d'inverno accennato il grigioferro spezzato del cielo addensa le sue nubi affogate anche sui nostri ricordi sfioriti. Arturo Vanfiori con i suoi meravigliosi quasi novant’anni s’è seduto su quella panchina superstite in uno dei vialetti del Baby Park, di quello che resta del Baby Park, tra giostre smontate e cemento di piazzole affossate. Qualche statua resiste fedelmente al tempo e al luogo, l’erba è un po’ alta ovunque, la solitaria macchina rossa di un autoscontro che fu elettrico ora è coperta da un telo, minaccia di piovere.
Il futuro di questo giardino ormai abbandonato ora è un’incognita. Erano rimaste tre proposte in gara per ricominciare, e l’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto stava predisponendo le convocazioni della conferenza di servizi per valutarle. Ma nel frattempo Terna Spa, il colosso dell’energia, ha presentato una richiesta di concessione per realizzare una variante del collegamento elettrico “Sorgente-Rizziconi”. E ora l’ASdP sta studiando per capire l’impatto di questo impianto.
Eppure per cinquant’anni questo balcone sul nostro mare ventoso, colorato di giochi, è stato il paradiso per migliaia di bambini e ragazzi. Ce lo ricordiamo tutti. Tutti. Adesso è come tuffarsi con lui nei ricordi di famiglia, tra i gettoni di plastica e le domeniche.
Lei ha dedicato la sua intera vita al Baby Park, era un parco giochi tra i più importanti d’Italia. Com’è cominciata questa avventura?
Iniziò nel 1967, prima i Vanfiori avevano delle giostre itineranti, giravano per tutta l’Italia, poi nel 1967 avemmo l’idea di bonificare una zona degradata che allora qui si chiamava Capo Monnezza. Chiedemmo l’autorizzazione per sistemare tutto, ci fu data, e da allora si fecero i lavori di bonifica, si piantarono centinaia di alberi, si ripulì tutto, si spianò il terreno, un po’ per volta iniziò a nascere il Baby Park. Affrontammo spese rilevanti però non chiedemmo aiuto a nessuno, un po’ per volta riuscimmo a realizzare tutto. Con il passare degli anni si aggiunsero delle giostre, poi l’autoscontro per i piccoli, l’avio, la giostra lagunare e poi la pista dei go kart che piacque moltissimo, fu un evento, era la pista più lunga d’Italia perché era lunga 65 metri e larga 30 metri...
A noi sembrava una pista da Formula 1…
Sì, è vero, aveva le curve sopraelevate e quindi piaceva moltissimo...
Si ricorda, c’era la luce lampeggiante all’ingresso del Baby Park che ci avvertiva…
Sì, avevo messo la luce lampeggiante che diceva “A luce accesa Pista Fuego aperta”, fu una mia idea. I veri iniziatori del Baby Park furono i miei genitori, Evelina ed Eugenio Vanfiori, mia madre si prodigò moltissimo, riuscì a fare l’impossibile per realizzare il tutto. I primi anni andarono bene, poi con il passare del tempo sorsero i problemi del parcheggio, il Comune ci espropriò una parte, la pista fu dimezzata, in origine si era pensato di annullarla, poi recuperammo uno spazio e mantenemmo la pista dei go kart... però non era più come quella vecchia.
Per noi ragazzi fu una vera ferita…
Sì, piaceva moltissimo. Poi un po’ per volta le cose andarono un po’ meglio.
Cosa è successo in tutti questi anni, quali sono i suoi ricordi più belli?
Sono quelli legati alla domenica, c’era un afflusso di gente enorme, poi cari ricordi li avemmo quando ospitammo i piccoli ucraini che avevano abbandonato la loro terra per il disastro di Chernobyl, allora offrimmo tutto ciò che si poteva, ed anche alle associazioni demmo sempre spazio gratuito... quelli sono bei ricordi.
Come si è evoluto in quegli anni il Baby Park, come sono nati i giochi, con quanti avete iniziato?
Abbiamo cominciato con l’autoscontro, con due giostre, poi i padiglioni per i tiri vari, i biliardini, e un po’ alla volta si aggiunsero il mini scontro per i bambini, l’avio, gli scivoli. L’avio era una giostra con gli aerei che venivano comandati dagli utenti, erano 12 aerei, c’era una leva che li faceva sollevare, piaceva moltissimo... anche gli scivoli, poi acquistammo la balena che era un grosso gonfiabile in cui i bambini entravano dentro dalla bocca e uscivano dalla parte posteriore, piaceva moltissimo...
Si sentivano come Pinocchio…
Sì, era interessante... poi alcuni giochi sono sempre piaciuti a tutti, c’era il biliardino e il tiro a boccette, c’erano gli habitué che venivano la domenica apposta per giocare, poi il fucile con i pallini, il tiro a segno con la foto se si faceva centro, si veniva fotografati... c’erano tutti i giochini per bambini, i dondoloni, quelli piacevano moltissimo. Ora quasi tutto è stato dismesso e svenduto per pochi euro perché ormai il mercato è saturo... non ci sono più acquirenti...
Quando viene qui cosa pensa?
Quando vengo qui, vicino a questa Madonnina, ho il ricordo di mia madre che tutte le sere, quando si chiudeva, veniva qui accanto a pregare... è una cosa che ricordo con commozione... perché era una situazione toccante vedere questa donna che aveva il pensiero anche in inverno, quando il tempo era brutto, di venire a salutare la sua Madonnina. Qui la domenica, in certe occasioni, si celebrò pure la messa, veniva il parroco, era molto seguita. C’erano anche altre iniziative interessanti, anche a sfondo sociale, veniva un medico a spiegare come utilizzare i sistemi salvavita, molte cose si fecero anche nell’interesse comune...
La città secondo lei come ha vissuto cinquant’anni di Baby Park, anche a livello delle istituzioni, è stato aiutato in questi anni?
Aiutato mai, da nessuno, neanche dal Comune, né dall’Autorità portuale. Abbiamo sempre pagato il canone con precisione, tutte le bollette della luce e dell’acqua, sempre in regola. Abbiamo sempre offerto una volta al mese tutti gli spazi agli istituti, alle parrocchie, offrivamo le giostre a titolo gratuito perché i piccoli venissero a divertirsi, e questa è una cosa che ricordo con piacere...
Prima accennava a quella esperienza con i bimbi ucraini che vennero qui, all’epoca lo raccontammo, ci sono stati altri momenti in cui lei è stato orgoglioso di questo posto?
Vedevo che la gente era felice, quando facevamo i biglietti ne davamo sempre molti in omaggio, mia madre in questo era generosissima, dava biglietti omaggio a tutti e anche gettoni per l’autoscontro. Quando vedevo l’utente in difficoltà gli chiedevo “Cosa c’è che non va”, e se mi diceva che la giostra non funzionava bene cercavo di tranquillizzarlo, di dargli degli omaggi, avevo sempre l’idea di lasciar andare tutti contenti, mai scontenti, tutte le volte che c’erano lamentele cercavamo di appianare le cose in modo che se ne andassero tranquilli.
Quale gioco preferiva?
La balena, il gonfiabile, mi piaceva moltissimo perché guardavo sempre i bambini che entravano dentro la balena, si arrampicavano, correvano come pazzi, quello mi è sempre piaciuto... poi lo dovemmo dismettere perché si era guastato, però ho sempre il rimpianto di quel bel gioco, eppure non ho mai provato ad entrare dentro...
La vostra famiglia non era originaria di Messina…
Mio padre era di Savona, mia madre era messinese. Perché le giostre erano itineranti, mio padre aveva una bella giostra, di cavalli, era enorme, piaceva moltissimo e faceva sempre tappa a Messina, quindi spesso si veniva qui, poi si prese domicilio a Messina, nascemmo io e le mie sorelle... e iniziò così la stirpe dei Vanfiori...
Adesso che prospettive ha?
Beh, ho una misera pensione di 600 euro al mese mentre mia moglie ha una pensione di 300 euro, in tutto facciamo 900 euro. Per il resto ho molti rimpianti... vengo qui quando è possibile a vedere il vecchio parco... cerco di stare vicino al mio nipotino Riccardo, il figlio di Silvia, la mia figliola più piccola. Ho tre figli... Eugenio che ha fatto il liceo artistico e insegna arte e disegno, adesso è alle Eolie, poi Laura che è la mia figlia più grande, che ha sposato un medico e che insegna anche lei, e poi ho Silvia che è laureata in ingegneria e lavora in Rfi, ha un posto importante, ha avuto un bambino che si chiama Riccardo, ha 7 anni... ed è la felicità dei nonni...
Riccardo ha provato l’ebbrezza del Baby Park?
Sì sì, ci è riuscito, era sempre qui. Ha le sue macchinine elettriche ancora da parte, quando viene le attivo, le faccio funzionare, lo faccio girare...
Nel 2008 avete festeggiato i 40 anni, nel 2018 i 50 anni…
Si fece una bella manifestazione, mio figlio Eugenio che è un appassionato delle giostre fece la tesi di laurea sulle giostre e sui luna park, è un’artista, dipinge, ha fatto delle mostre che riguardavano le giostre, le giostre le ha nel cuore. Mi dispiace molto che si sia chiuso il Baby Park perché lui ci teneva e ci tiene molto, ce l’ha nel sangue, ha scritto anche poesie sulle giostre ed ha dipinto quadri interessanti. Ora si limita a insegnare e dipingere, ogni tanto viene qui con me, stiamo insieme... padre e figlio.
Cosa vuol dire ai messinesi?
Sono grato a Messina e ai messinesi, quando entravo in un negozio mi dicevano sempre “lei è quello che ha il Baby Park”, mi trattavano sempre con una certa simpatia. Siamo grati a Messina, è una bella città, i messinesi sono stati tanto buoni e cari con noi, non si possono non ricordare bene.
Adesso c’è un po’ di tristezza...
Sì certo... si è fermato tutto, si è chiuso tutto... si poteva continuare ad andare avanti se avessimo avuto la concessione di nuovo, ora non so cosa l’Autorità portuale farà di questi spazi. Immagino che resteranno fermi per anni, abbandonati, come capita abitualmente. Ci potevano ridare la concessione per altri quattro anni e si andava avanti, invece non è stato possibile. Io mi sono anche un po’ stancato perché ho i miei anni, mi sarebbe piaciuto per mio figlio, che aveva presentato un progetto in cui si mettevano le giostre, piccoli campi da tennis, posti ristoro, tante cose interessanti. Ma neanche quello è andato bene...
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